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mercoledì 23 gennaio 2013

CONTI INTASCA ALL'ITALIA AFRICANA

Saremo un nuovo piccolo gendarme africano? Dopo le audizioni a camere riunite dei ministri Terzi e Di Paola ieri mattina, ci si interroga su cosa succederà dopo quei «due o tre mesi» che il titolare della Difesa, nel suo intervento, ha prefigurato per la prima temporanea durata della missione militare in terra africana che segna di fatto il nostro ingresso nella guerra del Mali.

Il come dove quando della missione è da definire ma chi conosce la stanze della Difesa sostiene che, nel giro di una settimana, le cose saranno più chiare a cominciare da dove avranno la loro base operativa i soldati dall'aeronautica militare italiana che dovranno accudire i due C-130 (trasporto truppe e/o merci) e il Kc-767 (aereo da rifornimento in volo) che l'Italia manderà a breve in soccorso delle forze Ecowas, l'organizzazione regionale dell'Africa occidentale che si sarebbe impegnata a mandare in Mali circa 4mila soldati da Nigeria (1200), Niger, Togo, Sierra Leone, Senegal e altri anche non appartenenti all'organizzazione (il Ciad ad esempio). Gli aerei italiani avrebbero il compito di trasportarli nel teatro operativo ma anche di servire come sostegno logistico dall'Europa, almeno stando al ministro. Dove si appoggeranno a loro volta? Di Paola ha prefigurato la possibilità che la base operativa possa anche essere a Bamako ma non è escluso, sostengono altre fonti, che si utilizzi un Paese confinante, il Niger ad esempio, dov'è attiva la missione Eucap Shael nella quale sono già impegnati militari italiani che “presterebbero” i primi 15-24 istruttori già promessi dall'Italia per la formazione dell'esercito maliano. Ma una base significa anche uomini che la gestiscono, assistenza tecnica, manutenzione, servizi di polizia militare.

Un calcolo approssimativo è che servirebbero almeno cento uomini (più o meno la stessa quantità schierata ad Al Bateen, negli Emirati, da dove si seguono le operazioni logistiche per e dall'Afghanistan e, prima, in Iraq). Cento soldati che si affiancherebbero a quelli già schierati nelle vari missioni (Congo, Sudan, Uganda, Libia, Minurso dove però sono attive poche unità, in media 3-5 persone) e a Gibuti dove per adesso ci sono alcune decine di marò, ma il cui numero dovrebbe però salire nei prossimi mesi. Fino a duecento, sostiene una fonte (assai di meno e appoggiati a strutture Nato, secondo notizie ufficiali).

Ma la preoccupazione vera riguarda il futuro. Cosa accadrà nei mesi successivi ai tre menzionati dal ministro? E, soprattutto, l'iniziativa prefigura un impegno di lungo periodo e l'impiego di altri soldati? Secondo un parlamentare, la scelta temporale non è casuale: intanto andiamo, poi si vedrà. Ci penserà il prossimo governo a gestire la base a Gibuti pianificata da La Russa (da cui sono partiti i due marò arrestati in India) e la nuova collocazione africana per i nostri aerei. Grane rimandate al prossimo esecutivo.

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