L'abitudine del drone
Certe
notizie ormai passano del tutto inosservate: la morte di 15
“sospetti” qaedisti e di 3 civili (forse “sospetti” civili)
sembra talmente un fatto di routine che non mette in conto parlarne.
Abbiamo già parlato di questa pericolosa abitudine alla guerra,
segno inequivocabile dei conflitti moderni che si trascinano senza
fine per anni, e poco importa se i sospetti erano poi innocenti, che
siano stati uccisi da un drone americano che è anche lui “sospetto”
dal momento che l'amministrazione non ammette mai il suo uso e che
ciò avvenga, non tanto attraverso chi a migliaia di chilometri di
distanza schiaccia una bottone, ma senza che ci sia uno straccio di
documento legale che indichi perché si è deciso di commettere
un'azione extra giudiziale in un territorio sovrano senza che nemmeno
un pezzo di carta ne attesti un'almeno apparente legittimità (si veda
l'articolo di S. Marchionna sulle basi legali di queste azioni e i
dubbi a riguardo).
Dopo aver visto Dirty Wars di Jeremy Scahill faccio più caso a queste cose. Ho già
segnalato il bel film sulla guerra segreta a colpi di drone e noto
che va avanti senza che desti grandi preoccupazioni. Il presidente
dello Yemen Abd RabbuhMansur Hadi è d'accordo con la politica dei
droni anche se, secondo l'Onu, nel dicembre scorso 16 persone sono
state uccise e 10 ferite dopo che sono stati colpiti due cortei
nunziali. Cose che capitano. Basta farci l'abitudine.
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