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martedì 12 agosto 2014

Afghanistan, il buco nero sulle vittime civili

Nel nuovo dossier che Amnesty International dedica all'Afghanistan si torna a discutere sulle vittime civili. Avevamo imparato dal'ultimo rapporto di Unama che era la guerriglia talebana la responsabile del maggior numero di vittime ma Left in the Dark- un titolo che da solo spiega molte cose - punta il dito sulle responsabilità occidentali e dunque sulla qualità (i numeri sono comunque alti) di un intervento fatto all'insegna del rispetto dei diritti degli afgani. Il dossier, che si concentra in particolare su attacchi aerei e sui raid notturni compiuti dalle forze statunitensi, denuncia che persino ciò che appare come un crimine di guerra è rimasto impunito. La ricerca, attraverso interviste a vittime e parenti, dice che nessuno dei casi esaminati, riguardanti oltre 140 civili afgani uccisi, è stato sottoposto a indagine da parte della giustizia militare americana.

AI ha indagato 10 operazioni militari Usa tra il 2009 e il 2013 in cui sono morti oltre 140 civili tra cui donne incinte e almeno 50 bambini, intervistando 125 testimoni, feriti e loro familiari, tra cui anche persone che in precedenza non avevano voluto parlare con nessuno. Su due dei 10 casi - un raid delle Forze speciali contro un'abitazione nella provincia di Paktia, nel 2010, e una serie di sparizioni forzate, torture e uccisioni avvenute nei distretti di Nerkh e Maidan Shahr, nella provincia di Wardak, tra il novembre 2012 e il febbraio 2013 - esistono prove abbondanti e stringenti di crimini di guerra secondo AI. Nessuno però è mai stato indagato.

Amnesty sollecita il futuro governo di Kabul (l'accordo è vicino) ad assicurarsi che, per fare luce sulle uccisioni dei civili, sia garantita la possibilità di indagini certe in ogni futuro accordo bilaterale con Nato e Usa.



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