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domenica 25 gennaio 2015

Colombo-Milano: luci e ombre del nuovo e del vecchio corso

L'ultima notizia sulla bufera scatenata dalle notizie sulla notte del voto, quando Rajapaksa avrebbe convocato il consigliere giuridico del presidente e i capi di polizia ed esercito per tentare un golpe, riguarda il ministro della Giustizia ormai in punta di dimissioni Mohan Pieris. Accusato di aver tradito il suo mandato di super partes per essere stato presente alla riunione in cui Rajapaksa voleva ribaltare il risultato, chiede ora che lo si lasci uscire dal Paese. Ma con un'uscita onorevole. Un posto all'Onu, a Londra...o a Milano.

Il sipario strappato. Un manifesto elettorale di Rajapaksa
Intanto il nuovo governo di Maithripala Sirisena ha levato l'odiosa domanda di permesso necessaria per visitare i distretti del Nord a maggioranza tamil. Non è molto in realtà mentre molte sono le aspettative sui prossimi passi, il primo dei quali riguarda il 13mo emendamento della Costituzione che, secondo il parlamento, avrebbe il compito di garantire un decentramento dei poteri sinora rimasto sulla carta e minacciato dalla scure con cui Rajapaksa avrebbe voluto decapitarlo, sottraendo alle province poteri da delegare invece al ministero dello Sviluppo economico, retto dal fratello Basil.

Per l'ex presidente e la sua famiglia i tempi sono bui. Accusato da stampa e parlamentari di aver tentato un golpe bianco la notte del voto – cui si sarebbero opposte le alte cariche dello Stato e dell'esercito – Mahinda Rajapaksa adesso rischia un'incriminazione per tradimento sempre che l'inchiesta aperta dalla magistratura vada a buon fine. I guai su un altro fronte sono invece per il fratello Gotabaya, già segretario alla Difesa e, col fratello e il generale Fonseka, responsabile degli ultimi mesi della guerra nel Nord su cui grava il sospetto di crimini di guerra. E' appena stato messo sotto inchiesta per la morte di Lasantha Wickrematunga, ucciso da uno “squadrone della morte” nel gennaio 2009 poco prima che il famoso giornalista, fondatore del Sunday Leader e noto per gli scontri con la famiglia del presidente, andasse in tribunale a rendere una testimonianza.

Battaglia vinta: i manifesti pro Sirisena col simbolo del cigno

Sul fronte della libertà di stampa c'è un'altra buona novità: il neo ministro dell'Informazione del nuovo governo, Gayantha Karunatilleke, ha fatto un appello a tutti i giornalisti srilankesi all'estero perché tornino a casa. Se il suo Paese era fino a ieri in fondo alla classifica per la libertà di espressione, adesso il governo vuole invertire la rotta. Un altro segnale è poi arrivato dal portavoce della polizia, faccia notissima del regime. Il militare ha detto pubblicamente di avere subito pressioni di ogni genere per mettere in cattiva luce gli uomini dell'opposizione. Si scoperchia il vaso di Pandora e tutti i nodi vengono al pettine.


Proprio in questi giorni intanto i cinesi si sono fatti avanti con calorosi messaggi di auguri al nuovo presidente anche se non è un mistero che il loro cavallo a Sri Lanka fosse Rajapaksa, che aveva aperto a Pechino diversi settori strategici del Paese, dalle infrastrutture alle telecomunicazioni. Per motivi evidenti, l'ingresso della Cina a Sri Lanka è stato mal digerito da americani e indiani, ora sponsor convinti del governo Sirisena da cui si aspettano un'inversione di rotta. Ci sarà battaglia? Un'inversione di rotta se l'aspettano comunque tutti a cominciare da tamil e musulmani, cittadini di serie B vessati dai lunghi anni di guerra e dal revivalismo identitario buddista-singalese. Il governo Sirisena sta in piedi grazie ai loro voti e dovrà pagare pegno. Per ora i segnali ci sono ma la prudenza resta d'obbligo.

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