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mercoledì 7 dicembre 2016

Macerie di una guerra infinita: il rapporto di Asia Foundation

Ogni anno anno dal 2004 Asia Foundation fa un sondaggio sulla percezione della realtà in Afghanistan. I sondaggi sono sondaggi ma c’è sempre un’indicazione reale anche perché il lavoro è per tutte e 34 le province afgane e ormai AF ha una certa dimestichezza con questa inchiesta. I dati di quest'anno sono sconfortanti: AF conferma il più basso livello di ottimismo registrato per via di insicurezza in aumento, morti civili, sfide economiche. Una traiettoria discendente dell'umore nazionale – dice il rapporto - che ha avuto inizio nel 2013: solo il 29,3% degli afgani intervistati nel settembre 2016 dice che il Paese si sta muovendo nella giusta direzione, il livello più basso di ottimismo da quando l'indagine ha avuto inizio. Un marcato aumento delle vittime civili e la violenza contribuiscono al più alto livello  di paura registrato in più di un decennio: il 69,8% degli afgani ha paura per la sua sicurezza personale. La paura è ancora più pronunciata nella regione Sudoccidentale (82%) e raggiunge nell’Helmand il 92,3%. Allo stesso tempo, anche se la consapevolezza generale di ISIS / Daesh è aumentata dal 74,3% nel 2015 al 81,3% nel 2016, la percezione che ISIS / Daesh sia una minaccia alla sicurezza è diminuito dal 54,2% nel 2015 per 47,9% di quest'anno.



Nonostante la disoccupazione, un minor numero di afgani sembrano però interessati a migrare. In mezzo a un afflusso di rimpatriati e mutevoli politiche di accoglienza di altri paesi, la percentuale di afgani che esprime il desiderio di migrare è diminuito in modo significativo, dal 39,9% nel 2015 al 29,6% quest'anno, il più grande calo registrato nel censimento. Ciò si è verificato anche se i tassi di disoccupazione restano elevati e per la maggioranza degli afgani è proprio la disoccupazione, specie quella giovanile, a spingere i ragazzi ad andarsene.

La fiducia nelle istituzioni pubbliche e nelle Ong è al minimo storico. Gli afgani si sentono rassicurati in primo luogo dai loro capi religiosi (66,1%) e poi dai media (64,5%). La radio è ancora la fonte più popolare di informazioni, con il 70,5% degli intervistati che ricevono notizie e informazioni via onde radiofoniche, seguita dalla televisione al 66,4%. Infine accesso all'assistenza sanitaria e il cibo rimangono preoccupazioni centrali.

C’è anche qualche luce: un numero record di afghani pensa che le donne dovrebbero essere in grado di lavorare fuori casa (74,0%), ma il rapporto sottolinea che il dato appare legato alla economia depressa e alla necessità per le famiglie di un doppio reddito.

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