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giovedì 22 giugno 2017

Buon viaggio Americo

Una rarissima immagine (presa dal sito
dell'Agenzia Italia) dello schvio Sbardella
Due giorni fa se n'è andato Americo Sbardella. Un amico ma anche una pietra miliare della mia e di altre generazioni. L'ho conosciuto diversi anni fa  a Prati, un quartiere della capitale - quando sono stato a casa di Americo, sua moglie Isabella e la figlia Angelica - per la festa dell'ultimo dell'anno. Non sapevo che Americo, un signore di poche parole e dalla conversazione assolutamente non invasiva, era stato il fondatore e l'ideatore del FilmStudio, un'esperienza che, con Annabella Miscuglio, aveva segnato profondamente la vita culturale della capitale e non solo. Quando andavamo a Roma, negli anni Settanta, il Filmstudio era una sorta di riferimento fisso. Potevi anche non andarci al cinema, ma c'era. Anche se non sapevi il nome di chi aveva inventato quell'incredibile aeroporto culturale con voli da tutto il mondo.

Per dirla con Massimiliano Studer (la sua intervista ad Americo si può sentire qui) "Su posizioni vicine al situazionismo francese e giovane cinefilo "assatanato", Americo Sbardella nel 1966/67 sostenne la necessità di collegarsi in maniera non episodica  con le cooperative di produzione e di distribuzione di cinema sperimentale e di quello politico-militante, in Italia ma soprattutto all'estero ... con gli autori  indipendenti europei e americani... con la prospettiva di creare e gestire uno spazio- cinema del tutto autonomo, un filmclub. Si trattava di creare una nuova forma associativa, un'associazione privata con tessera per i frequentatori, non aderente alle federazioni nazionali dei cine-club riconosciute dallo Stato, con proprie salette di proiezione, attrezzate con il 35mm, il 16mm, il super8 e il videoproiettore. Questo tipo di struttura prescindeva dal visto di censura ufficiale...". Già, la censura ufficiale in grado di mandare al rogo le pellicole.

Sfogliando ieri i giornali e i siti internet ho visto che Sbardella è stato ricordato da tanti, in maniera generosa e affettuosa (come in questo breve articolo di Silvana Silvestri su il manifesto, forse il primo a essere uscito su di lui). MI fa piacere perché Sbardella non era di quelli che spintonano e mi aveva sorpreso, quando l'avevo incontrato la prima volta, quella sua aria schiva e poco incline all'eroica nostalgia del passato. Cosa ha fatto Sbardella? Ha dato voce, anzi spazio, alle prime esperienze del cinema indipendente italiano e ha dato conto di quel che accadeva all'estero. Sprovincializzava e aiutava a capire cosa succedeva altrove. Ma  lascio che sia lui a spiegarlo in un articolo che si può leggere qui. Piccolo compendio di Storia del cinema italiano indipendente e, a quanto ne so, una delle poche cose scritte da lui che però ci ha lasciato recentemente un testo teatrale nel 2014 sull'epopea del leggendario re di Uruk, "Gilgamesh. Colui che tutto conobbe".



Poiché un tipo come Americo detestava l'agiografia mi fermo qui. Anche perché non so nulla di cinema (anche se la mia famiglia ha prodotto un grande regista e una studiosa della materia che ne sanno ovviamente più di me) e sarei davvero di scarso aiuto per chi si avvicina allo Sbardella uomo di cinema. Lo voglio invece ricordare come uomo di mondo e non solo per esser stato quel gentiluomo che è stato (lavorammo tra l'altro assieme per presentare l'ultima grande rassegna che nel 2003 passò al Filmstudio), ma anche per essere stato quel bandito necessario che l'epoca richiedeva. Bandito? Si, un bandito disposto a bypassare, oltre alla censura, le maglie troppo strette del business legato a suoni e immagini. Una volta, e probabilmente non fu l'unica, proiettò il concerto di un importante gruppo musicale inglese che era stato piratescamente riprodotto da un amico a Londra. Lo rese disponibile a tutti nello spirito che allora ci accomunava negli anni Settanta. Che un po' forse si è perso. Ma che Americo non deve aver credo mai perduto. Buon viaggio Americo. E un abbraccio a Isabella e Angelica.



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