Dasht-e Archi è un distretto a due ore di macchina a nordest di Kunduz |
Purtroppo questa vicenda rientra in una normalità avallata dalla nuova strategia americana che ha già triplicato i raid aerei e che sta insegnando ai piloti afgani come si fa a combattere dall'aria. In questa guerra disastrosa e senza fine, anziché cercare la pace si insegna a uccidere meglio e da lontano, illudendosi - è la teoria di Trump e dei suoi generali - che colpendo duro si otterrà di più. In realtà stiamo assistendo a stragi quotidiane perpetrate dalla guerriglia e dalla banda armata dello Stato islamico. Ma governo afgano e alleati, come si vede da queste spiegazioni dell'Onu sulla strage di Dasht-e Archi, si son messi sullo stesso piano: terrorismo contro crimini di guerra. A chi spetta la palma del peggiore?
L'Italia ha in Afghanistan un contingente di circa mille uomini, molti dei quali dell'aeronautica o della sezione aerea dell'esercito. Impiegano droni da ricognizione ed elicotteri che sono in grado di sparare missili e proiettili a raffica dalle mitragliatrici sulle torrette. Poiché stiamo addestrando l'esercito afgano, possiamo sapere se l'addestramento comprende anche quello aereo? Se magari qualcuno dei piloti che ha colpito a Kunduz ha imparato a farlo da noi?
So bene che c'è un governo che amministra gli affari correnti e la guerra è ormai un affare corrente, ordinaria amministrazione. Ma un Di Maio, un Salvini, un Renzi non potrebbero fare un richiesta scritta al ministro per farci sapere se e cosa stiamo insegnando agli afgani? So che hanno altro da fare e che devono mettersi d'accordo su tasse, lavoro e immigrati. Ma intanto non potrebbero farci sapere se, in questo vacuum, l'Italia è disposta a continuare ad essere corresponsabile di stragi quotidiane? Si, responsabile. E non è - il che di questi tempi va di moda - una cosa di destra e di sinistra. E' solo una questione di umanità: per sapere se questo Paese, oltre a tutto il resto, ha anche le mani sporche di sangue. Più o meno direttamente.
Per saperne di più
( Si possono leggere qui le mansioni svolte dall'esercito italiano. Abbastanza precise quanto altrettanto vaghe, dicono tutto e niente. Ma la questione non è "militare" bensì politica. Ha ancora senso questa missione che costa inoltre al contribuente italiano circa 500mila euro al giorno? Che forse, almeno in parte, potremmo devolvere a cooperazione civile, lasciando ai militari semmai la sola sorveglianza dell'aeroporto di Herat sino a che la transizione (civile) non sia compiuta. Un anno sarebbe più che sufficiente e il ritiro potrebbe iniziare subito. Questione politica appunto).
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