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lunedì 7 maggio 2018

Strage degli innocenti a Kunduz. Noi c'entriamo?

Dasht-e Archi è un distretto a due ore di macchina a nordest di Kunduz
Il distretto di Dasht-e Archi nella provincia di Kunduz è in mano ai talebani. Tanto è bastato il 2 aprile scorso agli elicotteri delle forze aeree afgane per bombardare un raduno religioso nella madrasa di Gujur Akhundzada. Il bilancio adesso è ufficiale e lo denuncia un rapporto della missione Onu a Kabul (Unama), ripreso da diversi media, secondo cui almeno 36 persone, fra cui 30 bambini, sono morte nel raid e altre 71 sono state ferite. Ma il rapporto, che si basa su testimonianze oculari locali, sostiene anche che se la missione ha individuato 107 vittime civili, fonti locali ne denunciano circa 200. Secondo il governo la missione doveva punire una branca della leadership della shura talebana di Quetta e dunque qualche effetto collaterale valeva ben la pena. La Nato non ha detto una parola e gli americani tanto meno. I talebani, che controllano il territorio, avevano invece denunciato il massacro invitando i giornalisti a recarsi in loco per vedere quanto era accaduto. La cinepresa aveva immortalato i cadaveri (il report completo di Unama si può leggere qui).



Purtroppo questa vicenda rientra in una normalità avallata dalla nuova strategia americana che ha già triplicato i raid aerei e che sta insegnando ai piloti afgani come si fa a combattere dall'aria. In questa guerra disastrosa e senza fine, anziché cercare la pace si insegna a uccidere meglio e da lontano, illudendosi - è la teoria di Trump e dei suoi generali - che colpendo duro si otterrà di più. In realtà stiamo assistendo a stragi quotidiane perpetrate dalla guerriglia e dalla banda armata dello Stato islamico. Ma governo afgano e alleati, come si vede da queste spiegazioni dell'Onu sulla strage di Dasht-e Archi, si son messi sullo stesso piano: terrorismo contro crimini di guerra. A chi spetta la palma del peggiore?

L'Italia ha in Afghanistan un contingente di circa mille uomini, molti dei quali dell'aeronautica o della sezione aerea dell'esercito. Impiegano droni da ricognizione ed elicotteri che sono in grado di sparare missili e proiettili a raffica dalle mitragliatrici sulle torrette. Poiché stiamo addestrando l'esercito afgano, possiamo sapere se l'addestramento comprende anche quello aereo? Se magari qualcuno dei piloti che ha colpito a Kunduz ha imparato a farlo da noi?

So bene che c'è un governo che amministra gli affari correnti e la guerra è ormai un affare corrente, ordinaria amministrazione. Ma un Di Maio, un Salvini, un Renzi non potrebbero fare un richiesta scritta al ministro per farci sapere se e cosa stiamo insegnando agli afgani? So che hanno altro da fare e che devono mettersi d'accordo su tasse, lavoro e immigrati. Ma intanto non potrebbero farci sapere se, in questo vacuum, l'Italia è disposta a continuare ad essere corresponsabile di stragi quotidiane? Si, responsabile. E non è - il che di questi tempi va di moda - una cosa di destra e di sinistra. E' solo  una questione di umanità: per sapere se questo Paese, oltre a tutto il resto, ha anche le mani sporche di sangue. Più o meno direttamente.


Per saperne di più
( Si possono leggere qui le mansioni svolte dall'esercito italiano. Abbastanza precise quanto altrettanto vaghe, dicono tutto e niente. Ma la questione non è "militare" bensì politica. Ha ancora senso questa missione che costa inoltre al contribuente italiano circa 500mila euro al giorno? Che forse, almeno in parte, potremmo devolvere a cooperazione civile, lasciando ai militari semmai la sola sorveglianza dell'aeroporto di Herat sino a che la transizione (civile) non sia compiuta. Un anno sarebbe più che sufficiente e il ritiro potrebbe iniziare subito. Questione politica appunto).

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