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domenica 28 ottobre 2018

Lo sfascio del fascio. La ferita urbanistica di Lecce

Razionalismo vs barocco
Chiunque abbia avuto modo di visitare Lecce non può che essere rimasto  stupefatto dalla bellezza del barocco seicentesco che attraversa l'intera città. Feudatari assenteisti e in cerca di esibizione, notabili e possidenti, ordini religiosi e alti prelati ne fecero una città di bellezza struggente e che è oggi assai ben conservata e pulitissima. Persino la terribile pletora di negozietti d'artigianato "locale"  prodotto in serie con le immancabili tagliatelle trafilate hanno qui, assai meno che altrove, una presenza che alla fine non disturba se uno pensa, per fare un esempio,  a cosa è diventata oggi Corso Vittorio Emanuele a Roma e le vie attorno al Vaticano: paccottiglia e paninazzi conditi da bottigliette di minerale a due euro accanto all'immagine del Papa. Ma a Lecce si passeggia volentieri cullati dal forte colore ocra che avvolge tutta la città e, in questa occasione, accolti da un festival (Conversazioni sul futuro) che celebra una lunga continuità e che quest'anno ha invitato 250 tra scrittori, registi, saggisti e chi più ne ha ne metta. Coniugare la bellezza alla cultura: c'è di meglio? Tutto bene sinché  non si arriva a Piazza Sant'Oronzo, il santo cui si deve - così vuole il credo non solo popolare - la salvezza di queste terra dalla peste.

Starace: irriducibile
 Qui il Duce e i gerarchi locali - sorvegliati dall'occhiuto Achille Starace che era di queste parti - vollero fare della piazza principale della città l'araldo indelebile dell'Impero che di li a poco doveva andare verso il suo crollo rovinoso. Oggi è una ferita aperta. La piazza convive con resti romani, medievali, rinascimentali e con le orribili forme razionaliste che culminano in un Arengario grande come quello di Milano sotto cui campeggia - in un accostamento che sembra quasi comico  - l'ingresso di un Mc Donald, catena alimentare  che fa oggettivamente a pugni con la raffinata cucina del Salento.




Ma se l'Arengario di Milano è uno schiaffo al Duomo, bilanciato però dall'antistante  magniloquente Galleria (e dalla Rinascente), e se all'Eur si  può lasciar la palma di un tentativo di  città perfetta quanto inutile, a Lecce l'architettura fascista è un pugno nell'occhio e nello stomaco del visitatore. Lo spiega così  la relazione storica del Comune:

"Negli anni seguenti (dopo il '30 ndr), si conferma la tendenza a considerare i viali intorno alle mura, cui si aggiunge l’area di piazza S. Oronzo, quali luoghi destinati alla celebrazione dei “fasti” del regime attraverso la realizzazione di nuove opere. A tutto il 1940 risultano realizzati il nuovo teatro di via Vito Fazzi (arch. L. Picconato), il Regio Istituto Magistrale, il nuovo Banco di Napoli; l’Istituto Nazionale Fascista Infortuni, la Casa Littoria (ing. V. Corsano, torre di F. D’Ercole), il palazzo del Consiglio Provinciale delle Corporazioni (ing. F. D’Ercole) ed i palazzi INCIS lungo viale Gallipoli; il Liceo Musicale Tito Schipa (ing. G. Bernardini); la casa della Madre e del Bambino, la Regia Questura e il Provveditorato agli Studi (archh. Paniconi e Pediconi) lungo il viale di circonvallazione di recente costruzione. Relativamente all’area di piazza S. Oronzo, risalgono agli anni a cavallo tra il ’35 ed il ’38 la demolizione degli isolati dietro al Sedile per la costruzione del nuovo Palazzo INA (Ing. O. Pellegrino, 1934-41), il palazzo dell’Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale (ing. O. Pellegrino), lo sterramento dell’anfiteatro, la demolizione dell’isola delle “Capande” (1935), la costruzione del nuovo fronte settentrionale della piazza (palazzo Guido), lo spostamento della colonna e la rotazione di 180° della statua del santo".

Ora guardate qui accanto a sinistra com'era la piazza precedentemente. Vi si accavallavano stili ed epoche: interventi urbanistici  forse dubbi ma con una loro armonia circolare. Il pugno fascista e la sua mania di grandezza violentano lo spazio e lo riducono a una funzionalità di facciata che, guarda caso, ha come capitelli le banche tanto indigeste al primo fascismo antiplutocratico. Violenta l'aspetto circolare della piazza che schiaccia sulle linee squadrate dei palazzi che culminano nei tetti piatti e orizzontali che rompono la compattezza di un paesaggio che aveva trovato il suo secolare equilibrio. E' uno dei tanti lasciti nefasti di un ventennio che qualcuno vorrebbe riportare in auge. Venissero a Lecce per capire come anche nell'urbanistica il fascio riuscì a produrre uno sfascio irrimediabile se non con il coraggio (e il denaro) per abbattere, cancellare, ricostruire.

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