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martedì 14 luglio 2020

Usa vs Cina: scontro (a parole) nel Pacifico

“Gli Stati Uniti sostengono una regione indo-pacifica libera e aperta. Oggi stiamo rafforzando la politica degli Stati Uniti in una parte vitale e controversa di quella regione: il Mar cinese meridionale. Lo diciamo chiaramente: le pretese di Pechino sulle risorse offshore in gran parte del Mar cinese meridionale sono completamente illegali, così come la sua campagna di intimidazione per controllarle”. Queste le parole usate ieri dal capo della diplomazia americana Mike Pompeo sulla situazione nella regione indo-pacifica che assiste ormai da settimane a una prova di forza tra Usa e Cina: due portaerei americane a propulsione nucleare - in grado di portare fino a 180 tra aerei ed elicotteri - oltre a diversi vascelli militari da una parte; caccia e navi da guerra di varia stazza cinesi dall’altra. Gli uni per dar prova della libertà di navigazione e per esercitazioni coi Paesi alleati, gli altri per stabilire la sovranità di Pechino su un mare che la Cina considera di sua pertinenza. E con lui le isole e gli atolli contestati con un contenzioso che dura da anni con diversi Paesi che vi si affacciano.

Ma questa volta l’esibizione muscolare marittima viene accompagna da parole forti: nel farsi paladina della libertà di navigazione, Washington lascia intendere che non ha nessuna intenzione di tollerare la sovranità cinese su un specchio di mare di circa 3,5 milioni di kmq e sulle decine di isole, atolli, formazioni corallifere che ne fanno parte. In ballo non c’è solo il transito delle merci ma anche i diritti di pesca e ingenti risorse energetiche. Un piatto ricco che fa gola a tutti cui si aggiunge il problema sicurezza e difesa delle proprie frontiere terresti. “Questi interessi condivisi – ha detto ieri Pompeo - sono stati minacciati senza precedenti dalla Repubblica Popolare Cinese”.

Nel respingere, dice ancora Pompeo, “qualsiasi pretesa della Rpc” in acque che si trovino al di là dello spazio territoriale di 12 miglia nautiche dalla costa delle Spratly… "il mondo non consentirà a Pechino di trattare il Mar cinese meridionale come il suo impero marittimo. L'America si schiera con i nostri alleati e partner del Sud-Est asiatico nel proteggere i loro diritti sovrani sulle risorse offshore, coerentemente con i loro diritti e doveri secondo il diritto internazionale”. Se non è un dichiarazione di guerra poco ci manca. Una situazione pericolosissima da tenere sotto stretta osservazione.

L'ambasciata cinese negli Stati Uniti ha risposto con una "ferma opposizione" in una dichiarazione in lingua cinese resa nota stamattina. Secondo una traduzione della CNBC il comunicato dice che "La dichiarazione del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti del 13 luglio sfida gli sforzi della Cina e dei Paesi dell'Asean per la salvaguardia,  la stabilità e la pace nel Mar cinese meridionale, distorcendo incautamente fatti oggettivi rilevanti  e leggi come la Convenzione ONU sul diritto del mare", un fatto che genera tensioni nell'area e che mette sotto accusa "irragionevolmente la Cina". In un  editoriale sul China Daily dal titolo assai chiaro (Region should be on high alert to moves of US spoiling, saboteuring and disrupting) la Cina accusa gli Usa, che vorrebbero far dimenticare la crisi provocata nel Paese dal Covid, di voler mettere zizzania tra Pechino e i suoi partner nella regione. Un articolo  che svela i veri timori di Pechino: perdere le sue spesso fragili alleanze nell'area indo pacifica.

Ma la rabbiosa reazione cinese si fa forte anche di una sempre più agguerrita capacita' militare: Pechino ha aumentato  le spese per la difesa da 143 miliardi di dollari nel 2010 a 261 miliardi di dollari nel 2019, secondo i dati dell'Istituto internazionale di ricerca sulla pace (Sipri) di Stoccolma.







Nel video tratto da Youtube, la spiegazione del contenzioso del South China Morning Post (inglese)
La mappa e' tratta dal sito della Bbc
Questo articolo esce oggi anche su atlanteguerre.it

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