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giovedì 27 novembre 2008

PAKISTAN, ZARDARI CI PROVA



L'attenzione di Barak Obama e quella dei paesi che partecipano alla missione Isaf in Afghanistan, dove il presidente Karzai ha appena chiesto un agenda del ritiro delle truppe straniere, è concentrata sul Pakistan, ritenuto la pedina chiave nello scacchiere regionale.
Il momento è difficilissimo per il premier Asif Ali Zardari, il cui carisma è debole come il governo la cui maggioranza è in mano al suo partito. Non di meno, Zardari sta cercando di dimostrare che fa sul serio: sia sul piano interno che in campo internazionale; sia per rassicurare i pachistani sulla sovranità nazionale del paese, sia per garantire agli alleati che Islamabad sta facendo le cose con fermezza. Le ultime mosse, che rischiano di complicargli la vita, parlano chiaro: ridimensionamento dell'Inter-Services Intelligence (Isi) , il potentissimo servizio segreto, stato nello stato praticamente fuori controllo; l'offensiva nelle aree tribali e una mano tesa all'India cui ha appena proposto la creazione di una nuova piattaforma per migliorare i rapporti economici tra le due sorelle del subcontinente. Oltre a una zona libera da armi nucleari nell'Asia del Sud, il che significa la rinunciare della corsa atomica di India e Pakistan o quantomeno un ridimensionamento della “guerra fredda” tra i due paesi che, come fu per Urss e Usa, si gioca sul filo della bomba atomica.
Ma se la mano tesa all'India ha tempi lunghi e irti di paletti, la mano dura con l'Isi – operazione non meno complicata – può almeno esser fatta senza aver bisogno di una controparte straniera ma semmai di un consenso popolare scontato. In Pakistan tutti si augurano infatti ferrei limiti per chi ha sempre agito come un corpo separato, senza disdegnare azioni ai limiti della legge quando non completamente fuori da ogni regola.
Al momento Islamabad ha deciso di smantellare la “sezione politica” dell'Isi (quella che “inventò” i talebani), come ha annunciato senza entrare in particolari il ministro degli esteri del governo Gilani, Shah Mahmood Quresh. Una mossa cui non è estraneo il capo di stato maggiore dell'esercito generale Ashfaq Kayani, il potente capo dei militari pachistani già a capo dell'Isi.
Fondata nel 1948 dal generale britannico Robert Cawthome, vice capo di stato maggiore nell'esercito del Pakistan dopo lo smembramento del Raj britannico, conterebbe circa 10mila funzionari tra civili e militari, il suo budget non è noto e le operazioni “coperte” comprenderebbero sequestri, abusi, traffici illeciti, torture e persino omicidi. Sfugge persino al controllo delle forze armate e un primo tentativo di portarla sotto l'egida del ministero degli Interni è recentemente fallito. Ora Zardari ci riprova.

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