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Claudio Gatti, un volontario dell'organizzazione di Gino Strada, ci spiega che nell'ospedale della Ong milanese da poco riaperto, il numero dei feriti è in costante aumento. Il suo racconto stride con la pace che permea l'ospedale nel centro di Kabul. E in effetti anche la capitale è tranquilla. Qualche fuoco d'artificio alla mattina, razzi sparati dalle montagne e qualche ordigno in periferia ma non molto di più. Le forze di sicurezza afgane, che hanno ormai il totale controllo della città, hanno costruito un vero e proprio anello di sicurezza che la sigilla rendendo il centro quasi impenetrabile per kamikaze e commando.
Kabul vive sospesa come in una bolla sopra la guerra che invece si è estesa a macchia d'olio, non solo nel Sud e nell'Est del Paese, ma - ma in modo sempre più preoccupante - anche nel NordEst e nel NordOvest, altra area di sorveglianza italiana. Ma a Kabul c'è persino il tempo di andare ai giardini di Babur per la scampagnata del venerdi, la domenica afgana.
In città la guerra sembra lontana anche se è presente, presentissima, nelle preoccupazioni del governo di Karzai e dei suoi alleati che, chiusi nei loro quartier generali o nel Palazzo presidenziale, stanno tirando la rete, fragile e complessa, del negoziato. Ufficialmente c'è un Consiglio superiore di pace, formato da 68 persone dal dubbio passato e sotto accusa da parte della società civile locale, dall'altra c'è tutta una filiera di contatti segreti e riunioni a porte chiuse, alcune delle quali proprio a Kabul. Ma in che direzione vada il processo di pace è difficile da dire.
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La stampa americana ha rilanciato una pista saudita che avrebbe luce verde da mullah Omar, il capo storico talebano. La stampa britannica e quella araba hanno lanciato l'ipotesi di un possibile negoziato, a questo punto separato, con il gruppo della famiglia Haqqani, una filiera talebana ma abbastanza indipendente da mullah Omar e che controlla l'Est dell'Afghanistan. Poi ci sono stati contatti anche ufficiali con Hekmatyar, ex signore della guerra che controlla parte dell'Est e del Nord. A Kabul invece, nei giorni scorsi e continuando a cambiare albergo, si è fatta viva una delegazione del Pakistan il Paese che vorrebbe guidare il negoziato per essere sicuro di controllarlo.
Nella strada si vendono pannocchie rosolate e un numero crescente di bambini di strada (sarebbero 4mila) fa la questua. All'ombra dei nuovi palazzi di specchi e lustrini che raccontano il boom edilizio di questa capitale della guerra dove si aggira lo spettro della povertà e del dolore ma anche quello del denaro facile.
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