Dal National Exhibition Center, non lontano dal torrione avveniristico e un po' kitch del Capital Gate Building di Abu Dhabi, si vede un'invidiabile distesa di pannelli solari che catturano il sole potente che inonda il Golfo e che, proprio per via di questo tappeto luccicante, appare assai meno inclemente del solito.
L'occasione è il primo effettivo summit dell’Irena, l'Agenzia Internazionale per le Risorse Energetiche Rinnovabili (International Renewable Energy Agency) che, oltre ad aver nominato nel kenyota Adnan Amin il suo primo presidente per i prossimi quattro anni, ha confermato la città degli Emirati arabi uniti come la sede permanente di questa associazione interstatale per le rinnovabili, che conta 149 Stati tra i firmatari del suo statuto che data dal gennaio del 2009, quando il primo incontro internazionale a Bonn sancì la sua istituzione voluta da 75 Paesi tra cui l'intera Unione europea. Il mandato di Irena è quello della promozione delle energie rinnovabili, battaglia che per ora vede ancora questo settore occupare soltanto il 7% dell'energia prodotta nel mondo contro il trio petrolio-gas-carbone che conta per l'87% (il nucleare è al 6%).
Irena, che cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno, stima possibile entro il 2035 una riduzione dell'energia derivata dal sottosuolo di oltre il 10% e un raddoppio della percentuale di quella derivata da solare, eolico e biomasse. Contro l'aumento di un solo punto percentuale del nucleare. Naturalmente le stime sono una cosa e la realtà un'altra (anche se il summit, che si è concluso martedi, si è aperto con un omaggio al Giappone e dunque sottolineando i rischi dell'atomo) e, infine, questi grandi incontri non solo rischiano di essere vanificati dalla prima riunione del G8 o dalle decisioni nazionali, ma l'apparato stesso può sembrare quello di un grande baraccone per manifestare buone intenzioni, visto che in due anni e mezzo non ha fatto molto altro che confermare la sua sede internazionale (la prima di questo livello in un Paese arabo) ed eleggere un presidente stabile che scalza adesso un direttorio ad interim.
Per altro, la sua istituzione resta una buona cosa se non altro per valutare l'attitudine degli Stati. Dai 150 Paesi aderenti hanno partecipato 800 delegati e 90 ministri ma il titolare italiano dell'Ambiente non c'era. E l'Italia, che essendo Paese Ue figura per forza tra i fondatori di Irena, non ne ha ancora ratificato lo statuto come invece hanno già fatto 69 stati, dalla Germania allo Sri Lanka.
Fortunatamente non sempre la testa ha a che vedere col resto del corpo: oltre il 90%dei Comuni italiani infatti, come rivela Legambiente, si sta affidando alle rinnovabili con circa 200mila impianti di piccola e grande taglia, tra eolici, geotermici, idroelettrici, da biomasse. Virtualmente, ad Abu Dhabi, hanno sostituito il ministro, forse più interessata, per spirito di partito, a difendere la battaglia legale del premier in parlamento sul caso Ruby. Anziché affrontare il solleone e i pannelli di Abu Dhabi.
Nessun commento:
Posta un commento