Il ministro della Difesa Ignazio La Russa è andato a Herat per assistere al consueto cambio della guardia ma ha fatto in tempo a tornare per il voto in aula del 5 aprile sul contenzioso del caso Ruby. Ciò depone solo a suo favore: alleato prezioso nel governo ma titolare attento del suo dicastero. Uno scivolone però l'ha fatto, riferisce chi ha assistito alla conferenza stampa in cui si presentava una nuova scuola costruita in Afghanistan dal Prt di Herat con denaro privato della Fondazione Cutuli. La scuola è intitolata alla disgraziata inviata dal Corriere brutalmente trucidata in Afghanistan ormai dieci anni fa e la scelta della Fondazione premia un impegno che intende ricordare l'altissimo prezzo pagato dalla collega. Ma La Russa, nel presentare l'iniziativa, ha detto che la scuola è dedicata a tutti i caduti italiani in Afghanistan, facendosi fautore di quella perniciosa confusione di ruoli alla base della “missione di pace” dei nostri militari in Afghanistan, confusione in cui la politica italiana continua a sguazzare rifiutandosi di prendere il toro per le corna.
Effettivamente dedicare una scuola ai caduti italiani (militari) mi parrebbe un'ottima idea ma, con un po' di tatto, la dedicherei in Italia e non in Afghanistan. E comunque, quand'anche il ministero della Difesa lo volesse fare, non direi sia il caso di utilizzare l'iniziativa di una Fondazione privata che ha raccolto fondi per un fine per venir poi a sapere (anche se per cortesia nessuno ha aperto bocca) che la scuola non è dedicata a una persona, a quella persona, ma anche ad altre trentaquattro. Ora, se ciò non fa onore a La Russa, non fa nemmeno onore a quegli oltre trenta soldati che meriterebbero, oltre alla dedica a una scuola (in Italia), a essere chiamati per nome e cognome. Come Maria Grazia Cutuli, per volontà della sua famiglia e dell'omonima Fondazione
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