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sabato 4 giugno 2011

VIA DALLA LISTA NERA

Se sia l'ennesimo ballon d'essai a mezzo stampa per tastare il terreno o una felice intuizione filtrata da qualche gola profonda non sappiamo. Ma, secondo il Guardian, Gran Bretagna e Stati uniti starebbero facendo pressioni sulle Nazioni Unite perché revochino a 18 capi talebani i provvedimenti restrittivi imposti ai turbanti nel 1999.
La lista nera comprende circa 140 capi talebani e solo pochi fra loro, tra cui chi ormai fa praticamente da consigliere a Karzai, ne sono stati cancellati. La cancellazione della lista nera è un vecchio leit motiv e, più che una richiesta formale dei talebani, è sempre stata una delle iniziative a cui si è sempre fatto riferimento come primo passo per intavolare il dialogo con i turbanti. La cosa venne fuori platealmente nell'estate del 2010 e fu annunciata e salutata da Karzai in occasione della cancellazione di cinque nomi dalla lista formulata con la risoluzione 1267 del consiglio di sicurezza del 1999, quando i talebani erano ancora al potere, che venne poi allargata dopo l'11 settembre: congelava i beni e il diritto di viaggiare. Ma da allora la cancellazione non ha fatto grandi passi avanti. Negli ultimi sei anni sono solo 15 i talebani che hanno riacquistato la loro verginità. Pochi secondo i più ferventi estimatori di un'apertura alla guerriglia. Stando al Guardian le cose adesso sarebbero cambiate.

Il giornale britannico fa anche qualche nome. Controverso. Quello di Mohammed Qalamuddin, già a capo della polizia religiosa del regime che dipendeva dal ministero per la Virtù e il Vizio, il dicastero della moralità talebana, dove Qalamuddin occupava una delle poltrone chiave e dal quale emanava editti contro tacchi e rossetto. Qalamuddin si sarebbe poi “pentito” come altri del gotha talebano quali Arsala Rahmani, già vice ministro dell'Istruzione durante il regime di Kandahar, che in seguito ha fatto atto di sottomissione a Karzai accettando di rientrare nei ranghi. Anche lui tra i cancellandi.

Quel che rende credibile lo scoop del quotidiano sono i numeri. Il governo Karzai intenderebbe far presente all'Onu prima del 16 giugno una lista di 47 personalità da cancellare per 18 delle quali la documentazione necessaria sarebbe già pronta. E la cosa farebbe anche senso con un cambio di direzione dell'Amministrazione americana (Londra è sempre stata più favorevole a negoziare anche a costo di irritare Washington, come avvenne col famoso accordo di Musa Qala sin dal 2006) che si sta preparando a un ritiro in pieno regola a luglio dei primi soldati (circa 5mila entro fine anno dicono alcune fonti) e che non ha mai smentito le voci sugli incontri avuti direttamente coi talebani, non si sa se in accordo o bypassando il governo Karzai. Almeno tre, secondo il Guardian: due in Qatar e uno in Germania. Ma anche le voci di contatti tra il governo di Kabul e gli “insorti” si sono fatte più insistenti. Inoltre non è più un mistero che sia la fazione di Gulbuddin Hekmatyar (questa in maniera ufficiale), sia quella degli Haqqani (questi ultimi in maniera segreta visto che sono i “qaedisti” della galassia talebana) abbiano avuto contatti diretti coi funzionari del governo Karzai recandosi a Kabul con una sorta di salvacondotto. Infine non è ancora stata abbandonata l'elezione di un luogo sicuro dove i talebani potrebbero aprire un ufficio di rappresentanza politica: lo stesso Qatar, il Turkmenistan e, platealmente, la Turchia hanno offerto le proprie capitali per una simile eventualità.

Quel che resta da capire in questa imbrogliata matassa è il ruolo del Pakistan. Non è chiaro quale carta Islamabad stia giocando e se ha avuto luce verde da Washington per favorire i contatti coi talebani al prezzo di poter controllare da vicino la possibile futura pace. In modo che che Kabul resti nella sfera d'influenza del Paese dei puri.

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