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domenica 28 ottobre 2012

LA BIBLIOTECA DI AMANULLAH

Dopo quarant’anni di avanti indietro tra l’Italia e l’Afghanistan, un inviato che ha conosciuto Kabul all’epoca della repubblica, poi durante l’occupazione sovietica negli anni Ottanta, infine nel periodo della guerra al terrorismo, fa il punto sullo stato dell’arte dopo dieci anni di presenza Nato. Con un bilancio che non concede scusanti e che è stato scritto, senz’ombra di dubbio, dalla parte degli afgani. Un libro sbilanciato, di parte appunto, senza la ricerca di facili equilibri o imbarazzanti equilibrismi e che in molti casi squarcia un velo di omertà disteso, come la sabbia dei deserti afgani, su verità poco note e ancor meno indagate. Efficace il capitolo sulle vittime civili. Pieni di informazioni e di racconti di prima mano gli altri capitoli.
Due nei: l’assenza dell’Italia, il cui ruolo nel conflitto appare del tutto secondario se non per qualche rara citazione , e un totale vuoto sull’esperienza dell’autore durante l’epoca sovietica, quando Pellizzari arrivò ad essere per un lungo periodo l’unico inviato europeo autorizzato da Mosca a risiedere nella capitale afgana («Le cose che scrive non ci piacciono – gli dissero una volta prima di stampigliargli il visto – ma almeno lei racconta la verità»). Due mancanze cui il giornalista potrebbe forse rimediare con un nuovo libro che aiuti a illuminare un periodo su cui la storiografia è avara di analisi e ricerche (l’occupazione sovietica) e su un Paese (l’Italia) sul cui ruolo generale in Afghanistan nessun autore è ancora riuscito ad andare a fondo.

Valerio Pellizzari In battaglia quando l’uva è matura. Quarant’anni in Afghanistan Laterza, 2012 pp. 244, euro 18,00

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