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martedì 14 maggio 2013
IL PAKISTAN SVOLTA A DESTRA: NUOVO PREMIER VECCHIE FACCE
La vera novità delle elezioni pachistane è che non c'è nulla di nuovo sotto il sole. Il nuovo premier è una faccia antica che premier è già stato e che calca le scene della politica pachistana da decenni. Ma al di là della battuta, della longevità politica e della controversa caratura di Nawaz Sharif, a capo della fazione della Lega musulmana che porta il suo nome (Pakistan Muslim League-Nawaz), queste elezioni per il rinnovo del parlamento di Islamabad e del potere provinciale hanno rappresentato più di una novità.
Per la prima volta nella storia del Pakistan, un governo civile porta a termine la legislatura e, nonostante minacce, attentati e 150 morti durante la campagna elettorale, il 60% degli aventi diritto è andato a votare: un record e un 20% in più rispetto alla passata consultazione. La terza novità è che il Partito popolare della dinastia Bhutto (Ppp) ha subito la sua confitta più clamorosa, evidenziando la fine di un'era e forse di quella stessa dinastia. La quarta è l'affermazione del Pti, il partito di Imran Khan, un partito che si basa più sugli slogan e sul carisma del suo leader – un ex campione di cricket – che su un vero programma. Aveva un seggio e ora ne ha una trentina. Ha fatto man bassa nelle aree tribali, tradizionale base elettorale del partito laico Awami (praticamente scomparso e questa è la quinta, triste, novità) e dei partiti islamisti che, tutto sommato, tengono la posizione. L'ultima novità è forse che, anche in Pakistan, la sinistra, o almeno i partiti che tradizionalmente si ispirano a principi secolari e socialisti, è in difficoltà (il Ppp e appunto il partito Awami).
Il Pakistan dunque svolta a destra: sceglie un leader conservatore, chiacchierato quand'era al potere per i suoi rapporti con gli islamisti e nemico dell'esercito più per una questione personale (furono i militari con un golpe e cacciarlo nel 1999) che non perché sia poi un così ferreo baluardo del potere civile. Come ogni nuovo premier ha promesso aperture all'India e agli Stati uniti (sia Delhi sia Washington si sono calorosamente congratulati) ma fu il suo governo a fare i test atomici del 1998 che impaurirono Delhi con cui, qualche mese, dopo scoppiò l'ennesimo confitto (Musharraf, che poi lo rovesciò, era allora capo di Stato maggiore). Quanto agli americani, Nawaz Sharif ha bisogno dei loro quattrini ma dovrà vedersela con l'amara politica dei droni (omicidi mirati con aerei senza pilota) tanto cara a Obama. Avrà però una freccia al suo arco: il ritiro americano deve per forza passare dal porto pachistano di Karachi.
I risultati, non ancora ufficiali, gli danno almeno 125 seggi nell'Assemblea nazionale e una maggioranza schiacciante in quella del Punjab, la provincia ricca che ha finanziato la sua campagna elettorale. Ha tre settimane per mettere assieme l'esecutivo e basterà dunque un po' di scouting tra gli “indipendenti” che, con una trentina di seggi, si contendono il primato di secondo partito con circa gli stessi scranni di Ppp e Pti....(segue su Lettera22)
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