Ogni cosa si può rivendere come vogliono le regole della propaganda. Isaf e governo afgano possono legittimamente affermare di aver vinto ieri la battaglia dell'aeroporto ma anche la guerriglia in turbante può altrettanto legittimamente rivendicare il “colpaccio”: aver colpito il luogo più protetto della capitale, simbolo per eccellenza dell'occupazione militare, impegnando per almeno cinque ore le forze di Isaf (dall'aria) ed esercito e polizia nazionali (da terra). La battaglia militare l'hanno vinta governo e Nato ma lo smacco politico, l'effetto mediatico, l'eco internazionali valgono per la guerriglia molto di più della perdita di sette combattenti (qualche fonte ha azzardato che fossero invece una dozzina) comunque votati al martirio in operazioni dove la morte del commando è certa.
Non è la prima volta che la guerriglia in turbante attacca l'aeroporto: è anzi stato per anni uno degli obiettivi più ricercati e ricorrenti. Ma tradizionalmente lo si colpiva sparando razzi da uno dei tanti picchi che circondano Kabul e tra i quali è facile mimetizzarsi specie se il cannoncino viene telecomandato. Privilegiavano le ore della notte o le prime luci dell'alba, sparavano a pioggia, con diversi colpi a vuoto o meglio sulle case di Macrorayon, quartiere residenziale di epoca sovietica. Poi è diventato sempre più difficile colpire dalla montagna e gli attacchi si sono ridotti. Sino a ieri. Paradosso vuole che la zona di Qasaba sia anch'essa di epoca sovietica, case popolari per gli impiegati dello scalo. Ora, come ogni luogo a Kabul, è in preda alla febbre edilizia che riempie la città di scheletri in cemento armato nei quali è facile arrampicarsi e, dai piani alti, dominare e colpire l'obiettivo.
Le decisioni di Bruxelles sul nuovo mandato della missione Isaf, dal 2015 Resolute support, ha dato impulso alla cosiddetta “offensiva di primavera” inaugurata con la bella stagione dai talebani, orientando presumibilmente nuovi obiettivi e colpi di scena nel tentativo di rafforzare l'idea nella popolazione che chi accetta di rimanere dopo il ritiro fissato a dicembre 2014 la pagherà cara. Italiani e tedeschi, responsabili delle aree Nord e Ovest del Paese, si aspettano attacchi mirati che finora hanno sempre preferito americani e britannici (responsabili dell'Est e del Sud). La possibilità di una svolta decisa, Bruxelles non l'ha colta. E con lei le cancellerie dei paesi Nato.
Nessuno ha avuto il coraggio di avanzare una nuova proposta politica che superasse lo stallo inevitabile in cui la Nato, alleanza eminentemente occidentale e marcatamente americana, si è cacciata sin dall'inizio di Isaf, senza far il minimo sforzo per coinvolgere altri attori che rendessero più digeribile la presenza straniera. Una presenza, che in altra forma, non sarebbe disprezzata specie nelle città, dove nessuno ha voglia di veder ritornare il comando dei mullah.
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