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mercoledì 28 maggio 2014

Perché la pace conviene a India e Pakistan

Nawaz e Modi: prove di dialogo dopo 15 anni di silenzio
Era il 1999 quando l'allora leader del Bjp e primo ministro indiano Vajpayee incontrò l'allora premier pachistano Nawaz Sharif. Erano prove di distensione, iniziate con l'apertura di una linea di bus da Amritsar (India) a Lahore (Pakistan). Poi, una nuova guerra in Kashmir, un'escalation di tensione con minaccia dell'uso del nucleare, vari attentati di estremisti pachistani in India e operazioni dei servizi indiani in Pakistan raffreddarono sensibilmente i rapporti fino al 2008 quando, dopo la strage di Bombay, le relazioni tra i due Paesi vennero messe sine die nel congelatore. Il premier indiano (del Congresso) Singh, del resto, non aveva una solida maggioranza per muoversi come voleva (se mai avesse voluto) né un Pakistan con gravi problemi interni e una leadership a lungo militare fornivano il contesto adatto per iniziative di pace.

Quindici anni dopo, due leader della destra asiatica decidono che forse è l'ora di farla finita. Comincia Modi, neo premier con solidissima maggioranza alla Camera bassa di Delhi dove ha appena conquistato la maggioranza assoluta dei seggi. Invita Nawaz Sharif, riconfermato premier di Islamabad l'anno scorso, per presenziare all'inaugurazione dell'inizio del suo mandato. Nawaz decide di andare. I due si vedono e sono parole dolci. Si, i due fratellastri tornano a parlarsi. La chiave è l'economia e due trattati bilaterali fermi negli uffici che si chiamano Most Favoured Nation (Mfn) e Non-Discriminatory Market Access (Ndma). Congelati come le relazioni diplomatiche.

Entrambi hanno puntato sulla promessa di sviluppo in due Paesi dove la crisi morde e dove non tutti beneficiano dei successi riservati a una ristretta business class. Quanto vale l'interscambio tra India e Pakistan? Secondo le stime di Al Jazeera circa 2mld di dollari l'anno (1,7 per l'export indiano e e 350 mln per quello pachistano) con un'aggiunta di altri 2 miliardi in commerci del mercato informale che sfuggono al dazio. A porte aperte, il potenziale sarebbe invece tra i 9 e gli 11 (di cui 6-7 per l'India ma pur sempre 3-4 per il Pakistan), senza contare che relazioni stabili significano anche un'introito doganale sicuro. Entrambi dunque ne trarrebbero grande vantaggio e ne hanno bisogno: il Pakistan (il Paese che più insiste sul successo dell'incontro) perché la sua economia è in difficoltà, l'India perché il circolo virtuoso innescato da un balzo dell'export sarebbe un segnale rapido e facile del nuovo governo Modi. Dunque, ci siamo? Presto per dirlo. Bisogna ricordare che Modi viene da un partito ferocemente nazionalista e anti musulmano e che Nawaz Sharif può promettere ciò che vuole ma sa di non poter mantenere la promessa che cesseranno gli attacchi terroristici. Poi c'è la questione Beluci, l'Afghanistan, i rapporti coi vicini. Insomma, staremo a vedere ma almeno i primi passi vanno nella buona direzione.

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