A 24
ore dall'ultima strage pachistana avvenuta poco dopo la mezzanotte di
domenica all'aeroporto internazionale di Karachi, le vittime sono
salite a 29 e i feriti si contano a decine. Ma non è l'unica cattiva
notizia che arriva dal Pakistan, anche se la rilevanza dell'obiettivo
focalizza l'attenzione sull'attacco armato allo scalo intitolato ad
Ali Jinnah, il fondatore del Paese dei puri: altre 24 persone sono
state infatti uccise, sempre domenica, in un ristorante a Taftan,
città al confine con l'Iran, dove un kamikaze si è fatto esplodere
all'interno del locale e altri tre hanno sparato a raffica sui
passeggeri di un autobus, aggiungendo nuove vittime alle ripetute
stragi consumate ai danni di pellegrini sciiti, minoranza nel
Pakistan sunnita oggetto di una vera e propria persecuzione settaria.
Un
Paese sbigottito davanti a tanta furia omicida si interroga, per
strada o dalle colonne dei giornali, sul senso di un negoziato con
gli islamisti radicali del Tehrek-e-Taleban Pakistan (Ttp) iniziato
da oltre quattro mesi ma costellato di violenze di cui l'attacco
all'aeroporto non sembra certo l'ultimo capitolo. Per gli scettici è
anzi la conferma che con i miliziani di Dio non si può trattare. I bombardamenti nelle aree tribali per altro non sono mai cessati: l'ultimo è di stamane nella zona di Khyber.
La
ricostruzione della dinamica è ricca come sempre di notizie a volte
molto diverse tra loro, ma quella che appare come la più attendibile
racconta di una messa in scena con abiti delle guardie di sicurezza,
indossate dai talebani per entrare nell'aeroporto accompagnati da
passi falsificati. I terroristi erano una decina e hanno attaccato in
due punti allo scopo, come ha poi spiegato un messaggio del Ttp, di
distruggere un certo numero di aerei per vendicare la morte del loro
capo Hakimullah, ucciso mesi fa da un drone, e per rispondere ai raid
aerei e di terra messi a segno dall'esercito del Pakistan nelle
ultime settimane. Impadronitosi di due aree, tra cui un vecchia zona
dell'aeroporto adibita all'accoglienza dei Vip e a operazioni
logistiche per i cargo, il commando avrebbe iniziato a far fuoco
cercando di mettere in atto il piano per cui era stato preparato un
vero arsenale di bombe. Tre di loro si sono fatti esplodere, gli
altri sette sono stati uccisi dalla sicurezza che ha però pagato un
prezzo altissimo per isolare (in sei ore) il commando. Quel che è
certo, secondo tutti gli osservatori, la polizia e l'intelligence, è
che il piano era tanto organizzato quanto complesso e,secondo alcune
fonti, sarebbe stato preparato, con l'aiuto di esperti stranieri,
addirittura prima dell'inizio del negoziato di pace che risale, tra
continui “stop and go”, a fine gennaio.
La
rivendicazione talebana arrivata ieri non chiarisce comunque le
dinamiche interne alla vasta galassia jihadista. Tanto per cominciare
il consiglio (shura) talebano del Nord Waziristan che fa capo ad
Hafiz
Gul Bahadur
(clan
waziri dei Madda) ha esteso la tregua col governo di altri venti
giorni. E' una fazione “talebana” che non sempre si riconosce
nelle scelte del Ttp (ombrello di formazioni locali non del tutto
omogenee) e che è più favorevole alla trattativa. Di fatto nel Ttp
le faide stanno aumentando: mullah Fazlullah, il capo eletto dopo la
morte di Hakimullah, ultimo leader meshud (una tribù molto
importante del Waziristan), ha dovuto recentemente affrontare una
scissione: un gruppo capitanato da Khan Said Sajna (un meshud) ha
accusato Fazlullah di aver tradito la causa ma, a quanto si dice, il
dissidio riguarderebbe proprio la strategia nei confronti della
trattativa col governo cui Sajna sarebbe più favorevole (il suo
gruppo si chiama Tehrek
Taleban Sud Waziristan).
Ma lo stesso capo meshud ha i suoi guai con un parente, Sheryar
Mehsud, con cui proprio recentemente è scoppiata una faida armata.
L'effetto delle prese di distanza avrebbe portato Fazlullah (anche
noto come mullah Radio per le sue trasmissioni radiofoniche e famoso
per la conquista della valle di Swat poi ripresa dal governo) a
stingere i ranghi. L'attentato allo scalo potrebbe essere un segnale
del fallimento del negoziato ma anche di contraddizioni in seno ai
talebani che sembrano produrre una cesura che, a colpi di
kalashnikov, potrebbe essersi approfondita proprio con l'inizio del
negoziato.
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