Immaginandoci, con un po' di fantasia, una possibile breve conversazione tra i muri della diplomazia europea il tono potrebbe essere stato questo: «Vai
a Kabul per l'insediamento di Ghani»?
«No,
ho da fare: ora c'è il califfato di Al-Baghdadi: Guerra al
terrorismo 2, la vendetta. L'Afghanistan ormai è un caso chiuso».
In effetti a scorrere la lista delle personalità presenti alla prima transizione di potere nella Kabul post-talebana il parterre è
davvero sconsolante: gli americani non sono mancati con una
delegazione di tutto rispetto di dieci funzionari capeggiati dal
consigliere di Obama John Podesta mentre il Pakistan ha inviato
addirittura il suo presidente Mamnoon Hussain e l'India e l'Iran i
vice presidenti Hamid Ansari e Mohammad
Shariatmadari. Anche i cinesi hanno mandato una figura di profilo nel
ministro Yin Weimin. Ma sul fronte occidentale solo sedie semivuote
su cui, a rappresentare l'Europa, c'erano solo gli ambasciatori di
stanza a Kabul, Gan Bretagna compresa. Al massimo gli inviati
speciali. E' la guerra, bellezza, quella nuova sulle frontiere di
Siria e Irak.
Abdullah Abdullah(a sinistra) e Ashraf Ghani: da ieri premier e presidente in un governo bicefalo frutto di un accordo per far contenti tutti |
Adesso comunque (oggi per la precisione) si potrà firmare l'accordo tra Kabul e Washington che garantisce impunità ai soldati stellestrisce e l'uso di dieci basi militari tra cui l'enorme hangar di Bagram. Accordo che aprirà la strada a una nuova missione Nato ma, soprattutto, alla riapertura dei rubinetti finanziari che servono a pagare gli stipendi a funzionari e soldati prima che – come accadde dopo la dipartita dell'Urss – l'esercito diserti in massa e la guerriglia, confinata nelle periferie, possa attaccare le città, unico porto sicuro nell'incertezza di un Paese dove il controllo amministrative e militare è una rete piena di buchi.
Questo
disinteresse pericoloso, che vede come unico attore gli americani e i
vicini e un impegno a finanziare soprattutto la macchina militare,
non è di buon auspicio. Continuamente distratta da nuovi fronti di
guerra, l'Europa sembra ignorare l'unica lezione che l'Afghanistan
dovrebbe averle insegnato: seguire a ruota gli americani non fa bene
né a noi né a loro né ai Paesi sotto tutela. Senza lavorare sulle
cause dei conflitti, senza un investimento nella ricostruzione
civile, senza un'alleanza politica con i gradi attori regionali (tra
cui l'Iran perennemente ignorato) l'Afghanistan corre il rischio di
essere l'ennesimo Stato fallito. Pronto magari per una riedizione del
califfato in chiave Asia centrale.
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