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Mastro Titta, il boia del Papa. La decapitazione è piaciuta anche a noi |
Opinione pubblica e giornali hanno seguito con apprensione e giustamente condannato l'esecuzione di
Reyhaneh Jabbari, la donna iraniana che aveva ucciso l'uomo che la voleva violentare. L'Iran, un Paese dove la condanna a morte è buona regola (otto persone sono state
appena impiccate a Shiraz e Kerman), ha perso un occasione di civiltà. Non di meno, tutti noi che abbiamo seguito così da vicino la vicenda iraniana, non solo ci dovremmo preoccupare anche degli otto impiccati, ma dovremmo andare a vedere cosa fanno i nostri principali alleati. L'Iran infatti è a tutti gli effetti considerato uno Stato canaglia, un membro della minoranza di Paesi paria con cui non si parla perché estremista e terrorista. Ma i nostri veri amici che fanno?
Alla viglia dell'esecuzione iraniana, in Arabia saudita sistemavano l'ennesima questione penale condannando a morte un pachistano reo di aver portato eroina nella monarchia del Golfo. A Riad non hanno la mano leggera. In quel Paese, dove i diritti umani e di genere sono un optional poco frequentato (dove, per dirne una, è
vietato ai sauditi sposarsi con donne di Pakistan, Myanmar, Ciad e Bangladesh), Burtha Mushtaq è stato ucciso portando a tre i pachistani ammazzati su condanna per traffico di stupefacenti nelle ultime due settimane: rapidi e indolori.
E, per dirla tutta, dall'inizio dell'anno, Riad ha giustiziato 59 persone, un po' meno dell'ano scorso (78) ma, insomma, c'è ancora tempo.
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Taglio della testa: chi lo prevede (rosso) e chi lo pratica (nero) |
Io però voglio farvi notare come Riad uccide i suoi colpevoli: con la spada. In una parola, decapitandoli. Esattamente come fanno i sostenitori del califfato che poi pubblicano le loro prodezze su Internet. I sauditi non lo fanno ma se vi chiedete da dove viene tanta brutalità, ecco la risposta: oltre ad esportare wahabismo e teorie radicali, oltre a finanziare scuole coraniche e gruppuscoli settari dall'Africa all'India, i sauditi esportano (e finanziano) anche modelli culturali. Tutto torna. Torna al punto che dopo che i Saud hanno smentito qualsiasi loro coinvolgimento nel finanziamento del cosiddetto Stato islamico, adesso è venuta la
volta del Qatar. Un tempo ci dicevano a scuola che una
excusatio non petita è una
accusatio manifesta, anche se - per quel che mi risulta - la relazione tra Is e Golfo è stata messa in luce solo da qualche giornale, non certo dai governi (come il nostro) che annoverano Qatar e Arabia saudita tra i maggiori alleati nella guerra al terrorismo.
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Anche i britannici, amanti della corda, andavano per le spicce con la spada |
Per dovere di onestà va detto che Arabia saudita, Yemen, Iran e Qatar prevedono la decapitazione nel codice penale ma anche che è solo nella terra dei Saud che la barbara pratica è ancora in uso. Il Qatar infine è un Paese
abolizionista de facto e che, comunque, predilige semmai la fucilazione.
I Saud. che prediligono invece la decapitazione, hanno però il tatto di far sedare dal carnefice le proprie vittime prima dell'esecuzione.
Una questione di vera civiltà, di incredibile rispetto verso l'altrui sofferenza.
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