Afghanistan, la guerra infinita |
L’esplosione (1500 chili di esplosivo), che si è udita in tutta la città e il cui fumo ha invaso interi quartieri del centro, è avvenuta poco distante dalla porta d’ingresso della zona diplomatica dove ha sede anche l’ambasciata italiana. Sembra ricordare quella che, nel 2009, fece saltare in aria una cisterna di benzina davanti all’ambasciata tedesca che si trova appunto sull’ingresso della cosiddetta “green zone”. Da allora aumentarono sbarramenti di cemento, poliziotti privati e controlli accurati ma nessuno è ancora riuscito a trovare la ricetta per impedire atti terroristici di tale portata anche se per fare esplodere un tale quantitativo di esplosivo c’è chi lo vende e chi lo compre in un Paese dove il commercio delle armi – legali e illegali – è moneta corrente.
Le modalità della strage potrebbe far pensare a una mossa dell’autoproclamato Stato islamico che in Afghanistan ha già firmato stragi di civili con grandi numeri. Ma la memoria corre anche a episodi senza firma come il camion bomba che, senza rivendicazioni, esplose nell’agosto di due anni fa in un quartiere della capitale creando un cratere profondo dieci metri. Anche le immagini di oggi restituiscono la vista di un enorme cratere che ha inghiottito l’autocisterna e portato all'altro mondi decine di impiegati, lavoratori informali, più di un giornalista.
Intanto un gruppo di famigliari di vittime della guerra ha inviato a Unama, la missione Onu, di Kabul, una denuncia che vuole portare davanti al tribunale internazionale dell’Aja i responsabili di omicidi di gente comune. Il dito è puntato su Gulbuddin Hekmatyar, il capo mujaheddin che oggi gode dell’impunità che gli è stata garantita dal governo di Kabul in cambio della smobilitazione del suo gruppo armato (che si è però rifiutato di consegnare le armi).
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