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domenica 5 agosto 2018

Una scuola ebraica per...musulmani


La Jewish Girls’ School di Calcutta è un istituto fondato dalla comunità di ebrei della città. Situata in uno dei quartieri tradizionali dell’islam cittadino è però aperta a tutti senza preclusioni religiose. E costa un terzo rispetto agli altri college

Alle 8 del mattino, quando ormai la grande città indiana si è risvegliata da un pezzo e il traffico comincia a diventare insopportabile, anche la piccola stradina laterale di Royd Street inizia la sua quotidiana e trafficata vita urbana in uno dei quartieri musulmani di Calcutta nel centro della terza città dell’India che conta, con i sobborghi, 15 milioni di abitanti. Royd Street e Park Street hanno una particolarità che le rende speciali. Non sono i ristoranti e i grandi alberghi affacciati sulle arterie laterali, né le luci delle vie dello shopping e nemmeno una vecchia Guest House rifugio di viaggiatori sacco-in-spalla. In questo quartiere abitato da famiglie musulmane c’è infatti una scuola ebraica. Il cartello, al numero 65 di Park Street o nella parallela Royd Street – vie che racchiudono un vasto edificio - è inequivocabile: Jewish Girls’ School. La curiosità inizia però a diventare stupore quando arrivano le prime ragazze: scendono dai risciò, dalle biciclette o dai motorini accompagnate da padri e fratelli ma assai più spesso dalle madri: tutte rigidamente velate. Alcune addirittura col niqab, il velo islamico che copre tutto il corpo, lasciando fuori solo gli occhi.


India, il terzo Paese musulmano al mondo

Benché la società indiana non sia esattamente un modello di perfetta convivenza – che nel passatoanche recente ha visto pogrom anti musulmani con numerose vittime – in India vive la più grossa minoranza musulmana del mondo - 200 milioni di persone, circa il 12% del totale - il che fa dell’India il terzo paese musulmano al mondo dopo Indonesia e Pakistan. Che nei quartieri musulmani si trovi qualche isolato mandir indù o qualche vicina chiesa cattolica non è eccezionale. E forse nemmeno che una scuola ebraica o una sinagoga (a Calcutta ce ne sono tre) si trovino a pochi isolati da una moschea. Ma che una scuola ebraica sia frequentata da giovani ragazze musulmane è sì davvero singolare. E’, una volta tanto, anche una buona notizia se si richiama alla memoria quanto avviene ogni giorno in Medio Oriente, in Israele, nei Territori occupati, a Gaza.

Il piccolo piacevole mistero lo spiega Jo Cohen, un’ebrea le cui origini famigliari si perdono nella notte dei tempi, che guida la singolarissima scuola di Calcutta. “Si ritiene che i primi ebrei in India, si siano stabiliti sulla costa del Malabar intorno alla metà del IX secolo aC - cioè circa 2.800 anni fa. Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti”. Jo ci riceve col signor Elisha Twena – un altro dei responsabili dell’istituto – e un’immancabile tè al latte. Sorridono di questa curiosità del visitatore europeo cui l’immagine di una possibile convivenza pacifica tra ebrei e musulmani ha creato un piacevole sconcerto. Ci portano in giro per l’istituto, un grande edificio in stile razionalista. Nella guardiola dove stanno i custodi, un vecchio signore che dev’essere il responsabile della guardiania, ha sul petto un’evidente stella di David. Jo ci accompagna nelle aule dove si alternano bambinette piccolissime e altre più grandicelle in una scala che va dai 6 ai 17 anni. Ce ne sono di più o meno velate. E anche le insegnanti hanno un’aria molto locale. Ma se la convivenza è un dato di fatto, è stata la contingenza a fare della Jewish Girls’ School una scuola aperta anche a chi pratica altre fedi. Nel caso specifico i musulmani, visto che il quartiere dove si trova la scuola (che costa tra l’altro meno di un terzo rispetto ad altri college privati che possono arrivare a 5mila rupie al mese ossia oltre 60 euro, che in India non è poco). “La comunità ebraica di Calcutta si conta oggi sulle dita... e siamo tutti anziani. La scuola – dice Jo - non poteva chiudere e così l’abbiamo aperta anche ai non ebrei. Il risultato è che oggi abbiamo 1500 alunne”.

I primi ebrei dell’India

“Commercianti ebrei di Bagdad, dell’Iran e della Siria – continua Jo nel suo racconto sulle origini - iniziarono a stabilirsi sulle coste indiane. E alla fine del 1700, comunità ebraiche si contavano a Mumbai (Bombay), Puna, Ahmedabad e Karachi. La comunità ebraica di Calcutta, mai molto numerosa, era stimata al suo apice, subito dopo la seconda guerra mondiale, a circa 5mila persone. Ha comunque svolto un ruolo non trascurabile nella vita della città e il ricco patrimonio degli ebrei è indubbiamente diventato parte integrante della storia culturale di Calcutta, così come della nazione”. Una storia che inizia alla fine del 18mo secolo: “Il primo ebreo che si stabilisce a Calcutta arriva nell’agosto 1798. E’ di Aleppo e il suo nome completo è Shalom ben Aaron ben Obadiah Ha-Cohen, abbreviato in Shalom Cohen. Per rispettare le leggi sulla dieta ebraica – continua Jo - un prospero commerciante non viaggiava mai da solo: era accompagnato da un shohet, ossia un esperto del rituale della macellazione di animali, un cuoco per preparare correttamente i pasti e almeno un servitore personale. Spesso anche gli scribi e gli insegnanti di diritto ebraico facevano parte di questo entourage, poiché gli ebrei facevano attenzione a non perdere il contatto con la loro religione e a osservare tutte le sue regole, non importa dove si trovassero”. Cohen è un commerciante benestante: esporta seta del Bengala, mussola di Dacca, pepe e spezie, indaco, salnitro, pietre preziose, oro e argento, riso e caffè. I contatti con l’élite politico religiosa sono buoni e Shalom Cohen diventa gioielliere di corte del maharaja Ranjit Singh, uno dei grandi protagonisti della storia indiana, ma anche del Visir Ghazi-ud-din Haider di Oudh. Ranjit Singh, che possedeva il mitico diamante Kohinor, chiede a Shalom Cohen di valutarlo. Il commerciante scuote la testa: "Non ha alcun valore" dice al Maraja colto da stupore e rabbia. Un gioiello così, gli spiega Cohen, è inestimabile perché il suo valore è talmente grande che... può solo essere dato in dono o prelevato dal suo proprietario con la forza (com’era infatti avvenuto). Ma dell’epoca di splendore della comunità ebraica di Calcutta restano ormai solo le vestigia: la Scuola di Park Street è tra queste, assieme ai luoghi di culto.

La scuola, la sinagoga, la comunità

“Inizialmente gli ebrei di Calcutta pregavano a casa di Shalom Cohen mentre una seconda sala di preghiera – racconta ancora Jo - era situata in una casa in affitto. Nel 1825 fu consacrata la prima sinagoga, "Neveh Shalom", edificio in seguito smantellato per lasciare spazio alla costruzione della Sinagoga di Magen David. Accanto a Magen David c’è ancora un’altro tempio, di poco precedente, "Beth-El" ma Magen David è considerata come la più grande e magnifica sinagoga d’Oriente. Entrambe hanno lo status di Heritage Building, il che significa che mentre la proprietà delle sinagoghe rimane alla comunità ebraica, la Società Archeologica dell'India ne è responsabile per la manutenzione e la sicurezza”. In effetti la manutenzione e la conservazione delle sinagoghe è eccellente. Entrando a Magen David, lasciandosi alle spalla la calca e il caldo della strada, sembra di entrare in un’oasi di pace. Il custode Rabul la apre su richiesta del visitatore e senza chiedere una rupia. I pavimenti sono lucidi come specchi e alle pareti, una lunga teoria di fotografie d’epoca e di lastre di marmo ricordano chi ha sostenuto e finanziato i lavori o chi, come Golda Meir, la Lady di ferro d'Israele e la prima premier donna del Paese, l’ha visitata.

La scuola di Park Street nasce nel 1881 con l’obiettivo di un’educazione anche religiosa accanto ai programmi scolastici dell’India britannica. Comincia con 18 alunni che, nel giro di un anno, superano i 100. Si trasferisce tra Park e Royd Street negli anni Cinquanta, dopo la Partition del 1947, quando l’India diventa indipendente. E’ il momento in cui le cose cambiano.

La diaspora si riduce

“La nascita di Israele dopo la seconda guerra mondiale determinò un cambiamento nel carattere esclusivamente ebraico delle nostre scuole. Si assiste infatti a un’emigrazione di massa, vuoi per la nascita di Israele, vuoi perché la nuova India non sembra garantire come prima le proprietà dei non indù. L'emigrazione di massa riduce considerevolmente il numero di alunni ebrei ed è allora che le autorità scolastiche decidono di ammettere studenti non ebrei. Al momento – dice Cohen - non esiste un solo studente ebreo o personale ebreo nella scuola. Ma la Jewish Girls’ School ammette chiunque, indipendentemente dalla casta o dal credo”.

La maggior parte degli ebrei rimasti a Calcutta, sono ora gli ultimi rappresentanti di famiglie una volta numerose, la maggior parte delle quali è emigrata. Diversi membri della comunità hanno più di 80 anni: “Siamo fortunati ad avere fondi fiduciari stabiliti da membri benestanti della comunità molti anni fa, e il reddito da interessi di quei fondi è usato per far fronte alle spese di coloro che non hanno denaro”. Sorride Jo sorseggiando la sua tazza di tè. L’eredità della scuola ebraica di Calcutta non è andata perduta. E forse, senza neppure volerlo, è diventata un segno di speranza e un modello di convivenza.

Questo reportage è stato scritto per il Tascabile

Foto
Dall'alto 1 Una via del quartiere musulmano
2 L’ingresso secondario della scuola in Royd Street
3 Studentesse velate
4 La Sinagoga Magen David
5 Guardiano della scuola
6  Piccoli studenti crescono

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