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domenica 3 febbraio 2019

Afghanistan, se si muove l'orso russo

Mentre nel governo gialloverde il dossier afgano sembra ormai già archiviato - dopo le schermaglie tra Difesa ed Esteri, i dubbi della Lega e i sorrisi a cinque stelle - le cose continuano a muoversi sul terreno della diplomazia dei grandi che ha ormai tagliato fuori, oltre all'Italia, anche l'Unione Europea, la Nato e le Nazioni Unite per ora semplici spettatori alla finestra, per scelta o per vocazione. Mosca, ormai da anni tornata sulla scena centroasiatica con la sua ingombrante presenza, vuole evidentemente evitare di essere invece tagliata fuori dal processo che potrebbe condurre a far tacere le armi e a disegnare un futuro incerto ma forse pacifico per il martoriato paese dell'Hindukush. Utilizzando un centro di rifugiati afgani con sede in Russia, stando a  quanto scrive oggi la stampa afgana, Mosca ha organizzato un nuovo round negoziale a cui invitare i talebani. Ma con una novità. A partecipare al meeting previsto a Mosca per martedi, ci saranno anche politici e rappresentanti dei partiti afgani. Non, almeno in questa fase,  il governo afgano di Ashraf Ghani (che ha risposto piccato)  né il suo Alto commissariato per la pace che non sono stati invitati. Mi pare comunque un passo avanti.

ToloNews ha pubblicato la lista degli invitati. Per i talebani una delegazione capeggiata da Sher Abbas Stanekzai, il capo negoziatore che ha appena incontrato a Doha l'inviato americano Zalmay Khalilzad con cui ha tracciato la prima agenda di un possibile processo di pace. Per la parte civile ci saranno invece l'ex presidente Hamid Karzai e il suo ex vice Yunus Qanuni, l'ex governatore di Balkh e membro della Jamiat-e-Islami Atta Mohammad Noor col sodale di partito (e pezzo da novanta) Mohammad Ismail Khan, Mohammad Mohaqeq (già  vice dell'esecutivo del governo Ghani, leader dell'Hezb-e-Wahdat Islam e intimo di Abdullah Abdullah), il capo del National Islamic Front Afghanistan Sayed Hamid Gailani, l'ex talebano  Abdul Salam Zaeef e Zabihullah Mujaddedi, figlio del primo presidente afgano  dopo la guerra civile  Sebghatullah Mujaddedi. Un parterre di tutto rispetto in cui spicca l'assenza dell'Heb-e-Islami, il partito di Hekmatyar. C'è invece Mohammad Hanif Atmar, già ministro di Karzai e da lui silurato.

Non è difficile capire a cosa sia dovuta l'accelerazione. Ma se è nell'interesse di Mosca tentare di bilanciare l'attivismo americano e assicurarsi un posto al sole nella spiaggia del futuro Afghanistan post Nato, è anche vero che molti politici afgani sembrano voler approfittare del peso dell'orso russo per bilanciare quello dell'aquila americana.  Nel Paese dei sogni, americani e russi si metterebbero d'accordo e il gioco sarebbe fatto. Ma i due hanno appena fatto carta straccia dell'Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty (INF)*, difficile che adesso si invitino a cena. Nel Paese dei sogni l'Unione europea batterebbe un colpo, ma se mai Federica Mogherini volesse farlo (come insegna il caso Venezuela) gli Stati membri la metterebbero nell'angolo. Nel Paese dei sogni, il nostro ministro degli Esteri chiarirebbe che strategia ha in mente l'Italia... Ma per ora nel Paese della realtà c'è solo in agenda l'incontro di martedi.

*  Firmato da Reagan e  Gorbaciov a Washington nel dicembre del 1987 stabiliva che  USA e URSS, si impegnavano  a non possedere, produrre, testare o schierare un’intera classe di sistemi di lancio di missili, ovvero di vettori nucleari, con  portata tra i 500 ed i 5500 km. Leggi tutto nell'articolo di Elia Gerola per atlanteguerre.it

L'immagine del Cremlino è da creative commons

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