Opere di tutti, dallo spazzino alla signora che va a far la spesa, dallo studente che passa per caso, al tassista che si ferma e ci mette del suo. La mostra di “ArtLords” e la presenza di Kabir e Omaid – che hanno dipinto nei giorni scorsi con studenti, cittadini, ragazzi un muro della città al Parco Tassino di Lugano – è stata organizzata nella capitale della Svizzera italiana da un giovane ma caparbio giornalista ticinese, Filippo Rossi, che a Kabul ha visto i muri trasformati e ha fatto di tutto per trasferire questi Banksy afgani in Europa. E’ l’occasione per farsi spiegare che storia c’è dietro e come nasce un’idea semplice ma forte iniziata ormai cinque anni fa. Un inno alla pace o alla stupidità crudele del guerra ma non solo. I muri di Kabul ora son pieni di messaggi tra cui due grandi occhi diventati famosi come uno slogan contro la corruzione perché, anche se lo fai di nascosto, Allah ti vede…
L’idea nasce nel 2014 nella testa di Kabir, di Omaid e di sua moglie Lima. Girano per le strade della capitale afgana tra intere aree delle città circondate da muri grigi in cemento armato alti tre-quattro metri: “Corridoi – dice Kabir – corridoi in cui la gente è obbligata a camminare tra caserme, ambasciate, residenze protette. Orribili ma non potevamo buttarli giù. Trasformarli si. Potevamo farli sparire ricoprendoli di immagini e messaggi; di immagini che sono messaggi. Abbiamo cominciato con quei due grandi occhi che hanno colpito l’immaginario di tutti: ti posso vedere, ti vedo, ti vede Dio. Rapidamente quei due occhi sono diventati un simbolo di lotta alla corruzione. Una forza. E così siamo passati ad altri temi: i diritti umani, quelli dei bambini, quelli delle donne. E poi gli eroi. Ma non quelli della guerra, non quelli dei Warlord: quelli di ArtLord. Una provocazione che mette al centro altri eroi. I nostri eroi sono quelli che puliscono le strade, ad esempio, e che hanno una scopa al posto del Kalashnikov”.
Passeggiamo accanto all’immagine di uno spazzino che dentro la carriola in cui raccoglie la spazzatura ha invece un enorme cuore rosso. “Ci interessava coinvolgere e con l’arte si può. L’arte va oltre, consente anche a chi è analfabeta di esprimersi con i colori. Ci siamo ritrovati a volte con centinaia di persone che coloravano i muri assieme a noi”. Prima curiosi poi attori. Prima comparse, poi protagonisti. “Questa è la filosofia di ArtLords: la gente, quelli la cui voce non si sente mai, sono i veri protagonisti della guerra. Il muro allora diventa un ponte. Sparisce e l’immagine si fa parola, softpower, coscienza”.
Kabir Mokamel a Lugano |
ArtLord diventa un’impresa. Adesso ci sono diciotto persone in un ufficio affittato dalle parti dell’università, cinquanta artisti e un gruppo di un centinaio di volontari. La struttura si auto mantiene: “Abbiamo iniziato a a lavorare con organizzazioni internazionali che ci commissionano campagne. Quella contro la polio ad esempio”. Dunque anche uno spazio di lavoro, di arte grafica che vola oltre la street art e che è anche un luogo per i giovani di Kabul in un mercato del lavoro dove ogni anno si affacciano 400mila nuove persone in cerca di occupazione. Attorno la guerra. Comunque. E la domanda è inevitabile perché, certo, dipingere i muri non è sufficiente. Cosa ne pensa Kabir dei colloqui di pace in corso tra talebani e americani a Doha? Del negoziato iniziato mesi fa che per molti rappresenta una speranza? Risponde caustico: “Peace Talks? Io li chiamo Piss Talks. Non ci credo come non credo alla Dronokracy”. Eccolo li il ragazzino che piscia sul Kalashnikov o la bomba che cade dal cielo come gli aiuti promessi dagli stranieri. “Non è incredibile – conclude Kabir – che a parlare di pace siano delle persone che hanno fatto della violenza la loro bandiera? Non è assurdo che si decida il destino degli afgani senza coinvolgere gli afgani, a porte chiuse? Non ha alcun senso parlare del nostro futuro senza di noi”.
Questo articolo è il primo che ho scritto dopo tanti anni di collaborazione con il manifesto per Alias ed è uscito il 25 maggio 2019
Nessun commento:
Posta un commento