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martedì 3 dicembre 2019

L'illusione del re afgano

Giovedi 5 dicembre alle ore 18.30
Eur Sala Nettuno viale Asia 44
organizzato da Afgana / Rosenberg & Sellier / Lettera22 / Atlante delle guerre e dei conflitti 
Festival di Roma  Più Libri più liberi 

Presentazione con gli autori de
La Grande Illusione 
L’ Afghanistan in guerra da 40 anni
Rosenberg&Sellier  2019, 12,50 eu  pp 150
a cura di Emanuele Giordana


Saggi di: Affatato, Battiston, Carati, De Maio, Foschini, Giordana, Giunchi, Giustozzi, Sulmoni, Recchia, Sergi, Shiri e un saluto della principessa Soraya. Prefazione di Gianni Rufini, direttore di Amnesty Italia

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Il 24 giugno 1929, un re afgano di nome Amanullah* e la sua famiglia - accompagnati da altri quaranta connazionali - partirono dall’India - dove si erano rifugiati da esiliati - alla volta dell’Italia. Il viaggio sulla nave da crociera Mooltan (a destra) durò sino al 4 settembre quando il monarca venne accolto con tutti gli onori nel Belpaese dove si trasferì a Roma.

Mussolini vedeva di buon occhio gli afgani come possibile spina nel corpo orientale della Perfida Albione, l’odiata Gran Bretagna. Ma Hitler non vedeva invece fattibile una rivolta afgana ed era anzi restio ad aprire un fronte sudorientale. Non di meno, le dittature europee – come anche il pugno di ferro con cui Ataturk governava i turchi – esercitavano un doppio fascino su molti asiatici che vedevano in Paesi come la Germania, l’Italia o la Turchia, modelli di sviluppo possibili e un futuro libero dalle catene britanniche di cui l’Afghanistan restava schiavo nonostante fosse divenuto indipendente dieci anni prima.

A Roma Amanullah venne infatti mantenuto dal regime che gli passava una prebenda e che intanto lo illudeva su un suo possibile ritorno in Afghanistan appoggiato dall’Asse. Ma anziché metterlo al corrente, come si farebbe con un alleato alla pari, di quel che si pensava a Berlino, gli italiani coltivarono nel re riformista (che aveva avviato un processo di modernizzazione dell’Afghanistan, motivo per il quale era stato cacciato) l’idea di un ritorno alla testa di rivoltosi che sarebbero stati anche una quinta colonna dell’Asse in Asia. Ma era appunto un’illusione come i diplomatici sapevano benissimo.

Giovedi 5 dicembre a Roma, presentiamo una piccola summa di queste grandi e piccole illusioni coltivate dagli afgani, da noi e da altri e che sono il segno inequivocabile dell’ipocrisia e del cinismo della politica su cui però è bene strappare il velo per cercare di capire come stanno oggi le cose.

Se i parallelismi tra situazioni diverse son sempre pericolosi, è corretto però osservare le linee di continuità. Che in Afghanistan si  son giocate - e si giocano - sul filo della grande illusione.


* Avari come siamo di memoria, su Amanullah in italiano c’è poco. Segnalo: Luca Monzali, Un Re Afgano in esilio a Roma, Le Lettere, 2012 e Amanullah Khan e le Relazioni Internazionali con l’Italia, tesi magistrale di Roberta Bin, Ca’ Foscari, 2014

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