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sabato 7 dicembre 2019

Diritti violati a Hyderabad

Il ministro della giustizia indiano oggi
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The Hindu: la giustizia non può essere mai istantanea
Un caso di stupro e omicidio ai danni di Disha, una veterinaria indiana di 27 anni si è trasformato in uno scontro a fuoco che, in un’incerta cornice di responsabilità, ha visto crescere – col dramma di Disha – anche quello di una possibile operazione extragiudiziale in cui sono stati uccisi dalla polizia investigativa quattro ragazzi sospettati dell’omicidio. Una vicenda che dalla cronaca locale della città indiana di Hyderabad era già diventato un caso nazionale e che ora si arricchisce di un nuovo drammatico sviluppo.

Tutto comincia col ritrovamento del corpo carbonizzato della giovane una settimana fa nella città di Shadnagar, 50 km da Hyderabad, capitale del Telangana. Il corpo senza vita e reso irriconoscibile di Disha, scomparsa da casa il giorno prima, viene trovato in un sottopasso: i resti sono avvolti in una coperta cui è stato dato fuoco. Dalle prime ricostruzioni gli assassini si sarebbero offerti di riparare una gomma del suo motorino e l’avrebbero poi portata nel luogo dove è stata stuprata e uccisa.

Quando si viene a sapere dell’ennesima violenza che colpisce una donna, scatta la rabbia popolare che accusa la polizia di incapacità. La pressione sulla polizia porta rapidamente all’arresto di presunti colpevoli ma sabato scorso centinaia di manifestanti si radunano davanti alla stazione di polizia alla periferia di Hyderabad dove sono reclusi e ne chiedono la consegna facendo presagire un linciaggio.
Se la polizia tiene a bada i manifestanti bisogna però far presto. E così all’alba di ieri gli agenti portano i quattro sospetti sul luogo del delitto. Il capo della polizia di Hyderabad Sajjannar spiega ai giornalisti che la polizia li ha portati lì come parte dell'indagine. Non è presente un magistrato. “Li abbiamo portati sul posto la mattina presto – dice - per recuperare gli oggetti della vittima… un caricatore, il cellulare e l’orologio”. Ma qualcosa va storto. La versione della polizia è che i quattro riescono a impadronirsi delle armi dei poliziotti e che il camionista Mohammed Arif (26 anni) è il primo ad aprire il fuoco sugli agenti con la pistola appena strappata a una guardia. Ma gli agenti reagiscono sparando e uccidendo “solo dopo ripetuti avvertimenti”, conclude Sajjanar che aggiunge: “...tutto quello che posso dire è che la legge ha fatto il suo corso".

A terra assieme a Mohammed ci sono Jollu Naveen, Jollu Shiva e Chennakeshavulu, tutti ventenni. La reazione della madre di Disha è immediata: “Giustizia è stata fatta", dice alla Bbc, mentre i vicini della famiglia festeggiano con i petardi e la gente torna in piazza questa volta per congratularsi con la polizia. Qualcosa però non torna. Lo scontro a fuoco, a 300 metri dal luogo dell’omicidio, lascia molti dubbi e per Kavita Krishnan, segretaria della All India Progressive Women's Association, "questa non è giustizia". Dice ad Al Jazeera che “Questo è un omicidio sotto custodia; la polizia sostiene che i sospetti hanno attaccato… ma la ricostruzione non regge. Gli uomini erano sotto custodia ed erano disarmati”. Non è l’unica ad avere dubbi. "Le uccisioni extragiudiziali non sono una soluzione per prevenire lo stupro", dice Avinash Kumar, direttore esecutivo di Amnesty International India, evidentemente poco convinto dalla versione ufficiale. Che ha dei precedenti.

La polizia in India è stata spesso accusata di omicidi extragiudiziali, chiamati "scontri causali”, dovuti cioè a situazioni non previste e che però sono spesso eseguiti in zone di crisi - come il Kashmir - dove uccidere è anche una rapida soluzione per problemi legati alla sicurezza. Una casualità diffusa anche in altri Paesi: il vicino Bangladesh detiene il record di “scontri casuali” che avvengono durante la traduzione di detenuti da un carcere all’altro.

Quanto alla violenza di genere, anche questo è purtroppo un primato indiano. Nel solo 2017 sono stati registrati oltre 32.500 casi di stupro e un sondaggio della Thomson Reuters Foundation valuta l'India come il Paese più pericoloso del mondo per le donne.

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