Zolay a sn con una modella. Sopra, il laboratorio Sotto un modello recente |
Durante l’invasione sovietica, la sua famiglia lascia l’Afghanistan. Lei ha dieci anni e dalle
montagne che circondano Kabul si ritrova in mezzo a quelle svizzere dove nel 1994, a Losanna, si laurea in architettura. Fa la sua gavetta negli studi di architettura svizzeri, in Giappone e a New York dove, dal 1998 al 2004, insegna alla Pratt Institute School of Architecture. Ma il cuore è in Afghanistan dove torna dopo il 2001. Fino a quel momento ha ideato e sostenuto un progetto per costruire scuole nei villaggi rurali ma i suoi interessi stanno cambiando. Durante una vista in una scuola finanziata dalla sua associazione, capita per caso in un atelier locale e resta impressionata – confiderà a un giornale francese – dalla qualità del lavoro ma anche da quella che definisce la “perdita di identità di quelle confezioni”. “In effetti – dice oggi - non ero molto interessata alla moda in quanto tale ma in Afghanistan mi è nata una passione e la chiave del mio lavoro è usare la creatività come mezzo di sviluppo economico, sociale e artistico. In Afghanistan c’è una distruzione fisica non solo ambientale ma anche del patrimonio culturale. Che ne ha cancellato l’identità”.
Dal 2005 in poi è un vortice: fonda Zarif e nel 2007 Kate Hudson indossa un suo modello ne “Il fondamentalista riluttante” di Mira Nair, che è andata apposta a Kabul per sceglierne la giacca. L’anno dopo Time le dedica il primo articolo sulla stampa internazionale: Building a Bridge with style, costruire ponti con stile. Un ponte verso l’estero da Delhi a Dubai, da New York a Parigi con un passaggio alla Biennale di Venezia del 2009, a dOCUMENTA Kassel nel 2012 e alla Biennale dell'Avana nel 2015. L'ultimo viaggio in Europa è a Parigi con tre appuntamenti in novembre. Poi, l’anno prossimo, tornerà ancora in Italia.
Questo articolo è uscito su D di Repubblica sabato 14 dicembre 2019
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