Ma più che un missionario dalle buone
intenzioni, nel suo lavoro all’estero col quale strutturava radio comunitarie
in giro per il mondo, Francesco era soprattutto un divulgatore di tecniche. Che
proprio per il fatto di essere a basso costo (la radio non ha nemmeno bisogno
di una presa elettrica) avevano già in sé un contenuto: e cioè che è possibile.
E’ possibile, per esempio, fare della buona informazione su cose di cui pochi si occupano e
che nelle radio comunitarie hanno un megafono, con tutte le difficoltà che
possono sorgere in Medio Oriente o ancora nel terribile marasma che attraversa
Paesi come Haiti o la Repubblica democratica del Congo. Anche in Italia, possiamo dire.
Ora tutte queste storie, raccolte in circa trent'anni di lavoro sul campo, sono passate dal
microfono alla carta stampata in una sorta di odissea radiofonica che parte
dalla famosa B52 serba per finire nei deserti della Mauritania. In alcune di
quelle storie mi sono riconosciuto perché sono un salto nella memoria ma ho
soprattutto riconosciuto lui, Francesco, con quel piglio da eterno ragazzo
indiavolato che, con la soavità che lo contraddistingue (e penso una discreta
pazienza), ha sempre visto il bicchiere mezzo pieno anche quando la realtà avrebbe suggerito suggerirebbe un calice amaro e mezzo vuoto. Che anzi perde liquido senza speranza.
Il suo libro è dunque un appassionato racconto
(che si può anche ascoltare!) dell’impossibile che si fa reale e della forza di
frequenze che sono tanto impalpabili quanto fisiche: in grado di modificare,
seppur anche solo di poco, la realtà. Sono contento di essere stato al suo
fianco in tante piccole battaglie giornalistiche (una su tutte la brevissima
stagione di RadioGap al G7 di Gneova) e mi fa piacere consigliare il suo libro.
Se amate la radio oppure se vi va di scoprirne la forza.
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