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mercoledì 17 settembre 2008

EFFETTO PETRAEUS, WASHINGTON SCOMMETTE SUL SUPER GENERALE



Un passaggio di consegne non è sempre e soltanto una cerimonia. E' anche l'occasione per fare il punto e, forse, essere realisti. Il generale Ray Odierno, che ha assunto ieri il comando delle forze statunitensi in Iraq – ha cioè preso il posto del generale David Petraeus, di cui è stato a lungo il vice (si occupava dei rapporti con gli alleati) - sembra abbia scelto questa strada. Anziché menar vanto dei risultati ottenuti e metter da parte le ombre, come di solito si usa, Odierno ha fatto mostra di sano pragmatismo, più che necessario in tempi che poco hanno bisogno di retorica. E davanti al segretario alla Difesa americano Robert Gates, arrivato a sorpresa a Bagdad da cui poi è subito ripartito per una visita altrettanto a sorpresa a Kabul, Odierno ha valutato che i progressi ottenuti in materia di sicurezza in Irak sono ancora “fragili e reversibili”.
Ma certo, aggiunge, il bicchiere è anche mezzo pieno: l'Iraq, dice Odierno, è un “paese diverso da quello che avevo frequentato in un primo tempo.... tuttavia, dobbiamo avere coscienza che i guadagni in materia di sicurezza sono fragili e reversibili”. Un realismo che ha molto a che vedere con la realtà. A far da riscontro alle sue parole si produce in effetti il solito bollettino quotidiano: due agenti delle forze speciali del ministero degli interni iracheno uccisi e altri tre feriti da un ordigno artigianale a Bagdad e quattro poliziotti ammazzati (tre i feriti) da un'altra bomba sporca a Nord-Est di Baquba. Ma è un bollettino che gronda comunque meno sangue di quelli cui eravamo abituati: gli effetti del “surge” che, seppur mitigati da un conflitto tutt'altro che terminato e seppur favoriti da un cambiamento quasi fisiologico dello scenario politico iracheno, Washington vorrebbe esportare in Afghanistan, il vero teatro caldo. Un teatro che anzi, con la sua coda pachistana, sta diventando sempre più bollente e che tutti temono possa diventare incandescente. Petraeus infatti non andrà in pensione. Cavallo che vince non si cambia. Semmai si sposta. O lo si promuove e, in questo caso, non certo per rimuoverlo.
Che sia Obama o McCain il nuovo presidente degli Stati Uniti, il generale di ferro resterà infatti con le mani saldamente sulle redini dell'esercito americano nella guerra al terrore: andrà alla guida del CentCom, il comando che, dall'Asia centrale al Golfo Persico, con l'occhio lungo ai mari africani, dovrà trasmettere nuovo impulso alla strategia militare americana. Che Petraeus, uomo risoluto ma incline a coniugare azione e pensiero, vorrebbe forse più mirata con un'iniezione di realismo politico di cui sinora la War on terror in Asia centrale sembra far difetto.
Certo Petraeus da solo non potrà fare molto. Gran parte della sfida è politica e dunque bisognerà aspettare quel che succederà a novembre. Ma le patate bollenti sono già tante: un governo fragile e debole insediato a Kabul dove ieri le Nazioni Unite hanno diffuso i dati sempre più allarmanti di una moria di civili non imputabile solo ai talebani ma ad “effetti collaterali” che cominciano a diventare imbarazzanti, soprattutto per l'opaco governo di Karzai, presidente in scadenza. Eppoi la questione pachistana: ieri l'esercito del Paese dei puri ha fatto sapere che d'ora in poi (e come pare abbia già fatto l'altro ieri) aprirà il fuoco contro le forze della coalizione internazionale a guida americana e attive in Afghanistan se queste violeranno la sovranità territoriale del Pakistan. Gli ha fatto eco il (debole) governo guidato dal neo premier Gilani: “La sovranità e l'integrità territoriale del Paese saranno salvaguardate a tutti i costi”, ha detto il capo del governo al termine di un incontro con il ministro della Giustizia britannico Jack Straw. Il generale Petraeus certo lo ha sentito.

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