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sabato 13 settembre 2008

IL GRANDE GIOCO TRA CARACAS E WASHINGTON


La crisi comincia in Bolivia ma poi si allarga. E tutti i paesi sudamericani spalleggiano Evo Morales. Più di ogni altro Hugo Chavez (nella foto) che gioca anche la carta dello scontro diretto con Washington. Che raccoglie

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"Yankee go home", dicono dal Sud del continente dove il vecchio mantra non è mai stato dimenticato. Ma da Nord la risposta non è meno dura. Tra reciproche espulsioni di ambasciatori, messa in stato di accusa di diplomatici e funzionari, accuse al vetriolo, minacce di ritorsioni energetiche e congelamento dei beni, la guerra delle parole sta andando oltre le parole. Calor bianco in un triangolo che da Washington arriva a La Paz passando per Caracas ma che allarma un po' tutte le cancellerie sudamericane, da Buenos Aires a Brasilia, su fino a Managua. Che si schierano con Morales e Chavez contro Washington. Escalation preoccupante e che ai suoi confini meridionali può già mettere a bilancio qualche vittima: sono almeno 15 le persone morte e decine quelle ferite negli scontri fra gruppi favorevoli al governo di Evo Morales ed oppositori nella regione di Pando, in Bolivia, sulla frontiera con il Brasile nella cosiddetta "Mezzaluna orientale". La regione-scintilla che ha acceso la miccia.
E' nella Bolivia di Morales, contestato dalle province "separatiste" ricche del paese (e contro le quali è ricorso al referendum), che comincia infatti, durante l'estate, a surriscaldarsi il clima. Ieri truppe dell'esercito di La Paz sono entrate in azione nel dipartimento di Tarija (sudest) per sbloccare le vie di comunicazione verso i pozzi petroliferi nella regione di Villamontes e Yacuiba in quella che sembra una operazione più ampia per porre fine alle violenze nei dipartimenti che si oppongono al governo del presidente. Inoltre Morales ha dato istruzioni alle forze armate di proteggere le risorse energetiche nazionali nella Mezzaluna orientale (Santa Cruz, Tarija, Beni e Pando) perché le occupazioni (da parte degli oppositori) di pozzi di gas e petrolio hanno già creato gravi problemi nei rifornimenti di idrocarburi a Brasile e Argentina. Su questo sfondo, che dà conto dei problemi innescati da una crescita economica generale nel continente che tocca anche la Bolivia dove al presidente "indigeno e indigenista" si oppongono gli antichi potentati locali, c'è però molto altro che si muove: i rapporti sempre più tesi con Washington; la nascita di un asse nazionalista e di sinistra che, per quanto disomogeneo, segna una prima decisa svolta nelle politiche della maggioranza dei paesi latinoamericani; l'astro di Hugo Chavez, il controverso presidente venezuelano che ha saputo maneggiare con cura la grande ricchezza nazionale del petrolio e sfruttare la "nueva onda".
E' proprio lui, "el bolivariano", che entra a gamba tesa nella vicenda boliviana dove si è intanto arrivati a uno scontro diretto con l'ambasciatore Usa a La Paz, Philip Goldberg, che, per Morales e Chavez, altro non è che un agent provocateur americano. Goldberg non ha fatto molto per negare le accuse di Morales salvo levarsi dalla giacca gli schizzi di fango e smentire le illazioni. Ma quando Morales espelle Goldberg, Chavez rincara la dose e rimanda a casa l'ambasciatore americano a Caracas, Patrick Duddy. Per Washington è troppo. Prima dà il benservito alla feluca di Caracas, Bernardo Alvarez, poi decide il congelamento dei beni di Hugo Armando Carvajal Barrios e Henry de Jesus Rangel Silva, due alti responsabili del governo venezuelano, accusati di aiutare la guerriglia colombiana. Infine decide il congelamento delle attività commerciali e finanziarie con Caracas. Ma anche Chavez si è spinto oltre: minaccia di sospendere le forniture di petrolio agli Usa, suo principale cliente, e promette aiuto militare, se servisse, a La Paz. Anche il momento è topico: Caracas ha appena dato il benvenuto ad aerei russi in missione di addestramento nella regione, mentre è annunciato l'arrivo di una flotta della marina di Mosca.
Che, a parti invertite, la Mezzaluna boliviana stia diventando una piccola Ossezia sudamericana? In grado di produrre, oltre che scintille, persino qualche esplosione. Almeno diplomatica.

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