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domenica 4 gennaio 2009

APETTANDO L'ASHURA



A sinistra, sui gradini della moschea di Mazar-i Sharif, luogo sacro agli sciiti, La foto è di R. Martinis

L'idea, venerdi scorso, era di andare a vedere il buzkashi ma di questi tempi non si gioca. E' infatti l'epoca dell’Ashura, che celebra (mercoledi) il martirio di Hussein figlio e successore di Ali, cugino e genero del Profeta, interessa in Afghanistan circa il 10% dei suoi quasi trenta milioni di abitanti, in maggioranza della comunità hazara, la più povera e bistrattata del paese. Le famiglie si preparano per la festa ma nessuno si nasconde che la guardia è alta. Se anche qui, come accade in Iraq o in Pakistan, l’Ashura fosse turbata da un attentato, si scatenerebbe un’altra guerra nella guerra e non è da escludere che qualche gruppo radicale ci abbia pensato.
La disomogenea galassia talebana in questi giorni è relativamente tranquilla. Se si esclude la salva di razzi che qualche giorno fa è piovuta vicina a un grande hotel alla periferia della capitale, uccidendo tre bambini, gli attentati fuori Kabul proseguono ma in città sono diminuiti con l’avanzare dell’inverno. Un inverno non ancora rigido e che si è accontentato di una spruzzata di neve durata meno di un’ora tre giorni fa. La beffa delle stagioni, anche qui ballerine come altrove nel mondo, racconta una futura estate di siccità se non si decide a piovere o nevicare. Se l’anno scorso l’inverno è stato rigidissimo e umido, con straripamento di fiumi persino a Kabul, quest’anno l’aria è secca. La polvere alzata sulle strade sterrate soffoca la capitale e lo smog fa il resto, regalando influenza e mal di testa.
Benché gli allerta per la sicurezza siano costanti, anche il capodanno è passato indenne da botti. L’ormai piuttosto numerosa comunità di expat, i “consiglieri” civili prestati dall’Occidente al fragile governo di Hamid Karzai, ha potuto così spassarsela abbastanza allegramente, scolandosi birre e bottiglie di liquore magicamente riapparse anche nei ristoranti, pur se non nella lista delle pietanze. E anche molti afgani approfittano dell’abbondanza che, negli ambiti ristretti degli advisor e dei consultant, ricasca sui pochi fortunati che fanno gli autisti, i segretari, le colf di questo mondo parallelo e attraversato da una discreta crisi di identità. Le cose nel paese infatti non vanno affatto bene e l’Afghanistan sembra sospeso in una bolla che oscilla tra uno sforzo bellico maggiore, promesso dall’imminente arrivo di 20 o 30mila nuovi soldati americani, e la speranza negoziale accesasi, a fine ottobre, coi colloqui semi ufficiali tenutisi alla Mecca, sotto egida saudita, e tessuti dal fratello del presidente Karzai.

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