Visualizzazioni ultimo mese

Cerca nel blog

Translate

venerdì 30 gennaio 2009

KABUL RAFTO' AMAD


Accidenti, se il traffico è una dannazione in tutto il mondo, a Kabul e' una vera e propria emergenza. Ho letto sul Kabul Weekly, un settimanale che ha un paio di pagine in inglese, che circolano un milione di macchine, una cifra che mi pare esagerata. Ma le strade piuttosto strette, in molti casi sterrate e, soprattutto, l'ossessione della sicurezza, stanno creando ai residenti seri problemi di ingorgo stradale, traffic jam, trancones, queue, traafik o rafto' amad se lo volete sapere in dari. Credo sia uno dei tanti motivi di insofferenza che si aggiunge alla stanchezza collegata alla nostra presenza nel paese.
Dopo l'ultimo attentato all'ambasciata tedesca, si è praticamente bloccato un intero quartiere: e i blocchi di cemento, i piloni ferma traffico, i cavalli di frisia e il filo spinato hanno fatto un nuovo prepotente ingresso nella cosiddetta “zona verde” della città con l'effetto di ripercuotersi sul già insostenibile traffico dell'ora di punta. Bloccando l'intera città più di quanto già non fosse. In certe zone non si passa nemmeno a piedi e a volte, per fare un percorso di cento metri, in macchina ci vuole un quarto d'ora. Il Kabul Weekly se la prendeva con la mancanza di un'autorità pubblica che regolamenti quello che a molti appare un eccesso di sicurezza preventiva che, per garantirla ad alcuni, leva ore di vita ad altri. Diceva il giornale afgano, che l'assenza di un'autorità della strada ha fatto si che proprietari o affittuari di immobili del centro decidano a loro voglia quando, come e dove chiudere una strada. Sarebbe come se a Roma gli inquilini del mio palazzo decidessero che da domani per la nostra strada ci devono passare solo i residenti. Blocchiamo la via, facendo appello a un esteso diritto di proprietà, e tampis pour les autres. Fortunatamente un'azione simile, a Roma durerebbe un quarto d'ora...Ma a Kabul...
A volte mi chiedo se ci rendiamo conto che ognuno di questi gesti, che si riflettono sulla vita ordinaria degli afgani, contribuisce a renderci sempre più un corpo estraneo per questa gente. E mi dà un senso di disagio passare per le strade trafficate e obnubilate da gas di scarico e, tutto sommato, da un relativo nervosismo, pensando che, seppur indirettamente, io sono una causa di tutto ciò. Delle stramaledizioni che deve aver tirato stasera quel tipo che traina il suo carretto di frutta e che un autoritario contractor ha obbligato a fare il giro dell'isolato

Nessun commento: