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Di lui, Jolyon, ho già parlato: ha scritto un bellissimo libro (The mirage of peace) per cui mi riprometto di cercare un editore italiano. Un occhio sulla guerra e sull'Afghanistan, raro e assai diverso dal mainstream e dunque importante da leggere. Vive qui da oltre vent'anni, parla dari con l'accento di Kabul, lo scambiano spesso per un nuristano (per via dell'occhio chiaro e il biondo capello) e si muove in questa zona della città come un pesce nei mari caldi. Passiamo da un paio di moschee in ricostruzione a vecchie dimore della buona borghesia mercantile locale, con ampi cortili e finestre di legno intarsiato. Ci vivono anche cinque famiglie e sono la riproduzione urbana delle strutture tradizionali che si vedono in campagna: muraglioni molto semplici all'esterno e, appena dentro, si apre la luce dell'arte nascosta dell'intarsio, della maestria degli antichi artigiani, di questi esperti ebanisti uno dei quali, Ghulam Ghaws, ci mostra con dovizia di particolari modanature ricalcate su modelli moghul. Ghulam passa parte del suo tempo dai venditori di legna da ardere, recuperando vecchie porte, finestre scardinate e tavole che portano la stimmata dell'antico nobile artigiano afgano, personaggio ormai in via di estinzione. Torna coi suoi tesori, Ghulam Ghaws, nel laboratorio-bottega di Asheqan (sorto per fare formazione a giovani falegnami che riparano queste antiche magioni) e si mette all'opera: pulisce, recupera, copia gli antichi disegni. Jolyon se la gode un mondo.
L'Aga Khan, oltre a far soldi con i telefonini e gli alberghi (è suo il famoso Hotel Serena), è il grande mecenate del recupero architettonico. Ma se non ci fosse anche la sensibilità di Jolyon...
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Come il tempio di Asheqan we Arafan, la tomba dei due fratelli innamorati di cui mi riprometto di raccontarvi in seguito la storia. Ma c'è anche il mausoleo dei 14 fratellini che però, nel tempietto esagonale che ne protegge i sarcofaghi, appaiono solo in quattro. E gli altri dieci? Vengono fuori di notte, dice la leggenda, e chiacchierano con gli altri, che se ne stanno esposti alla preghiera durante il giorno. Luoghi di culto di cui ignoravo l'esistenza, vecchi santi - pir - che pregano in un angolo, meste teorie di donne velate che portano i figlioli e chiedono una grazia, giaculatorie per tenere lontani i gin, quei diavoletti dannati che ci fanno gli sgambetti. E infine la strana usanza di appendere i lucchetti ai lignei mosaici che contornano i mausolei nella loro parte interna, per grazia ricevuta. O sperata. Giri per Kabul e trovi Ponte Milvio.
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