La parola d'ordine è: tutto il potere a Kabul. O, per dirla in politicamente corretto modernista, afganizzazione. E' questo in sintesi il messaggio di fondo contenuto nel “Civilian Surge Plan” del governo afgano, un documento che Lettera22 ha potuto vedere e che delinea la nuova strategia afgana per il futuro. O, se si preferisce, il trasferimento in dari, la lingua nazionale più utilizzata, delle idee partorite dallo staff di Obama e dall'ultimo meeting della Nato a Bucarest l'anno scorso e che dovrebbe formare il corpus del nuovo corso del prossimo futuro governo di Hamid Karzai. Un nuovo corso che prevede un massiccio arrivo di esperti stranieri: se cercate lavoro dunque, in Afghanistan c'è posto.
Il documento, ancora nella sua fase di elaborazione finale (tra le richieste di chiarimento l'Italia propone ad esempio una revisione del suo impegno a sostegno della Border Police), mette a punto una strategia di utilizzo dell'assistenza tecnica straniera che si articola su quattro linee guida e sulla richiesta di una massiccia iniezione di consulenti esteri, diverse centinaia, che però, e questo è più volte sottolineato, dovranno essere solo consulenti al servizio del governo e non “consiglieri” che ne dettano, come è stato sinora, l'agenda (...to support not suplement, dice il testo nell'edizione inglese). Le linee guida sono: la centralità del potere nazionale (Afghan Ownership, termine molto abusato anche in diversi documenti precedenti), che qui vuole intendere come l' “Assistenza tecnica” debba servire per l'estensione dei poteri del governo afgano e non come ampliamento della presenza occidentale nel paese; lo sviluppo delle capacità locali a livello centrale e decentrato, la loro efficienza sul breve e lungo periodo e l'efficacia dei risultati, soprattutto nei confronti dei cittadini afgani (ordinay Afghans)...
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