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venerdì 4 settembre 2009
L'EX MAOISTA CHE VOLLE FARSI RE
Mister Clean Bashardost: Voto “nazionale” per il fuoriclasse senza partito e senza amicizie pericolose
“Chi sta vincendo le elezioni? Non c'è dubbio: Bashardost”. Benché le percentuali di Ramazan Bashardost oscillino tra l'11 e il 13%, il dottor Mohamed, un professionista fuggito in Europa quando i mujaheddin arrivarono a Kabul negli anni Novanta ma che da un po' di anni ha fatto ritorno in Afghanistan, ha probabilmente ragione.
Ramazan Bashardost, uno dei quattro Grandi Candidati delle elezioni presidenziali di agosto, anche se è lontano dalla vittoria dei numeri, è già il vincitore morale di questa controversa consultazione. Sul suo nome, come su quello di Asharf Ghani, non c'è l'ombra grigia dei brogli e delle frodi elettorali, non ci sono accuse di voti comprati o di scandali più o meno nascosti come nel caso di Karzai o di Abdullah. Ma Ghani, beniamino di Washington, buone amicizie nei posti che contano - dal Palazzo di Vetro alla Banca mondiale - si è fermato a meno del 3%, oltre due punti sotto a quanto i sondaggi gli avevano attribuito. Bashardost invece, che era dato al 9%, è andato ben oltre. Con una sorpresa.
Se si studia la mappa della consultazione elettorale, Bashardost, un professionista nato nel distretto di Qarabagh nella provincia a maggioranza hazara di Ghazni, non ha fatto il pieno solo nelle roccaforti di questa minoranza etnica che supera il 15% della popolazione. Ha preso voti nelle aree pashtun o tagiche, o tra turcofoni del Nord: tutti in larghissima maggioranza sunniti, il contrario degli hazara che sono gli sciiti d'Afghanistan. Quello per il lui non è un voto etnico o di appartenenza tribale ma “nazionale” che, per una volta, sfata il pernicioso luogo comune che gli afgani rispondono solo al richiamo del sangue e alla casella identitaria in cui siamo soliti cacciarli per decifrane la complessità.
Ma chi è questo outsider senza partito amato per la battaglia alla corruzione, che non si è sporcato le mani (col sangue, le armi, l'oppio) e che non ha amicizie imbarazzanti? Chi è questo gentiluomo senza corona, e - come nella canzone - senza scorta, che ha fatto una campagna elettorale con pochi soldi affidandosi a un gazebo impiantato nel cuore della capitale dove chiunque poteva avvicinarlo e parlargli?
La sua biografia racconta di un esilio iniziato nel 1978 dopo il golpe che porterà l'Urss, l'anno dopo, all'invasione. Ma chi volesse ascriverlo tra gli anti comunisti viscerali sbaglierebbe. E' stato un simpatizzante maoista, come per altro moltissimi hazara, quando il movimento comunista afgano era cresciuto fino a diventare una forza importante e divisa, come allora ovunque, tra filosovietici e filocinesi (i maoisti piacevano così poco agli ortodossi del Partito, che si allearono con Shah Massud, il conquistatore di Kabul, islamista raffinato ma che certo non amava i comunisti, al punto che poi regolò i conti con gli haza-mao prima della presa della capitale).
In quegli anni però Ramazan era adolescente. E all'estero. Figlio di funzionari pubblici, ha di che finire gli studi liceali e universitari in Iran per poi emigrare in Pakistan. Da lì va in Francia dove termina negli anni Novanta università, master e Ph.D. La sua tesi ha come argomento il ruolo dell'Onu durante l'invasione sovietica. Ma anche quell'epoca è agli sgoccioli: arrivano i mujaheddin, i talebani, infine l'invasione del 2001 che li scaccia dal potere. Nel 2002 Bashardost torna a Kabul. Ha 37 anni.
Prima inizia con un incarico al ministero degli esteri, poi viene chiamato da Karzai nel 2004 a dirigere il ministero per la Pianificazione. Ma nel 2005 l'idillio è già finito. Ramazan dichiara guerra a 2mila organizzazioni “caritatevoli”, sia afgane sia internazionali, chiedendo misure draconiane. Ma il governo – compreso l'allora ministro delle Finanze Ashraf Ghani - lo bloccano, costringendolo alle dimissioni. La storia lo rende così popolare che alle successive elezioni parlamentari è il terzo parlamentare più votato. Il suo programma in 50 punti è semplice e onnicomprensivo, con un occhio di riguardo per i contadini. Ma si è anche conquistato la fama, oltre che di Mister Clean, di difensore dei diritti umani. Un elemento che dovrebbe piacere anche a noi.
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