Anche un editore puro ha le sue debolezze. E se smette di pagare, il "suo" giornale chiude. Come è capitato al "Diario", mentre noi - lettori e collaboratori - ci eravamo illusi che appartenesse un po' anche a noi
Ci son tanti modi per “celebrare” la chiusura di un giornale. Uno di questi – il più nobile per noi - è fare la conta di chi perde il lavoro. Ma nel caso del “Diario mensile”, già quindicinale e -ancora prima di una violenta cura dimagrante - settimanale (diretto e fondato da Enrico Deaglio e dallo scomparso Renzo Foa), si fa in fretta. Sette persone, compresi grafici, segreteria, direzione, redazione. Gli stessi, forse un po' meno, che in una trasmissione televisiva preparano un format che va in onda per un'ora. Gli stessi che, ai tempi d'oro del giornalismo, erano responsabili di far uscire tre pagine su un quotidiano. Pubblicità compresa.
Proprio la pubblicità (mancata) è uno dei grandi registi di questo diaricidio, rivista di buone letture che aveva abituato i suoi collaboratori a due modelli che non si usano più, desueti ormai come la carta stampata, il giornalismo indipendente e le buone maniere: la bella scrittura – nel senso della scorrevolezza ma anche di una certa attenzione alla parola e alla sintassi – e l'inchiesta, un genere di cui si è ormai già celebrato, salvi rarissimi casi, più di un funerale. I lettori (7.500, seimila dei quali lo compravano in edicola) sono i meno colpevoli. Lo “zoccolo duro” di quel giornale, pur disorientato da quattro formule editoriali nel giro di pochi anni, avevano continuato a comprarlo pagandolo 7 euro (uno a redattore potremmo dire) e forse ne avrebbero pagati anche 10 per quelle 150 pagine di buona fattura incredibilmente impacchettate dai nostri magnifici sette. Ma non c'è stato appello, né il desiderio di sperimentare nuove vie e di trasformarlo – a prezzo di un'ennesima cura dimagrante – per garantirne la sopravvivenza.
Il padre del “Diario”, Luca Formenton, editore puro e assai attaccato alla sua creatura, questa volta non ha voluto sentir ragioni. Neanche indagare se ci fosse un signor Rothschild disposto a metterci qualche centone. Era così attaccato al suo bambino – dicono gli intimi - da preferire l'infanticidio alla condivisione. L'annuncio della chiusura sarà sul Diario in edicola oggi per la penultima volta. L'ultimo numero, a dicembre, avrà per titolo, ironia della sorte, “Futuro”.
2 commenti:
Davvero una grossa perdita nel panorama, già arido, dell'informazione italiana. E se perdono il lavoro giornalisti navigati, bravi ed esperti come quelli di Diario, figuriamoci noi giovani..... L'acqua è poca e la papera nu galleggj
Caro Emanuele, ti ho già scritto sul Manifesto. Forse un Diaricidio c'era già stato, non ti pare? O pensi che io e alcuni degli altri vecchi redattori ci siamo ritirati a coltivare vegetali biologici nelle nostre tenute? Che il pubblico non abbia saputo, è normale. Ma che tutti abbiano taciuto la grande, ignobile porcata del 2007, compiuta ai nostri danni è veramente brutto, credimi. Ciao. Marina.
Posta un commento