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Ma in realtà, dopo la strage del 28 ottobre nella quale i talebani hanno ucciso a Kabul tre funzionari occidentali delle Nazioni unite e tre afgani, la decisione riguarda solo i “bianchi”. E i numeri li fa in conferenza stampa Kai Eide, il diplomatico norvegese che guida Unama dal marzo del 2008. Seicento funzionari, dei 1300 internazionali che, per diverse agenzie, lavorano nel sistema di cui Unama funge da ombrello, saranno “ridislocati”. Mandati a casa, in una parola anche se, Eide tiene a precisarlo, “temporaneamente”. Anzi, precisa, ci sarà anche un movimento interno: alcuni saranno spostati da un'area all'altra del paese, altri invece lo lasceranno. Rimarranno comunque i circa 5.600 con contratto locale, personale nazionale, che compongono lo staff che adempie ai compiti di frontiera: gli aiuti di emergenza, in una parola, alimentari o sanitari che, assicura Eide, non subiranno contrazioni o ritardi. L'inverno alle porte è una preoccupazione in più...
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