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lunedì 7 dicembre 2009

L'ULTIMA DEL DIARIO

Il futuro dell'Afghanistan in due scatti di due bravi fotografi a trent'anni di distanza. Ma per vedere le due immagini cui fa riferimento il testo bisogna comprare l'ultimo (aihnoi) numero del Diario da sabato scorso in edicola


Se il futuro è anche la somma degli errori del passato, gli americani e la Nato sembrano aver imparato poco dall'esperienza pregressa. In Afghanistan infatti, più che una “sindrome Vietnam”, si assiste a una sorta di “incubo Armata rossa”, il “torrente d'acciaio” che sul finire del 1979 fu inviato da Mosca a Kabul per sostenere il governo “amico” di Afizullah Amin. Dopo quasi un milione di morti, oltre 4 di feriti e 5 di sfollati, l'Armata rossa lasciò il paese che doveva avvitarsi in una guerra civile durata 4 anni e seguita dall'oscuro periodo del regime talebano. Erano passati dieci anni. Nove invece da che le truppe occidentali sono sbarcate a Kabul nel 2001.

Quando i sovietici entrarono in Afghanistan, un fotografo italiano che si trovava in Iran partì per Kabul con un visto turistico. Riuscì a passare inosservato – unico giornalista occidentale nella capitale afgana – perché utilizzava, oltre alla grande abilità che lo ha consacrato tra i padri del fotogiornalismo, una piccola fotocamera con cui per primo documentò l'invasione. Lo scatto di Romano Cagnoni alla vostra sinistra racconta quel periodo: dall'alto della collina di Wazir Akbar Khan nel cuore di Kabul, guarda l'imbuto tra le montagne che porta verso Nord, al passo di Salang, l'unica strada, adesso come allora, che era ed è possibile percorrere senza grandi rischi. Verso la grande base militare sovietica di Baghram, che è oggi il quartier generale delle truppe Usa.

Trent'anni e
quattro conflitti dopo, Romano Martinis, casualmente, è andato sulla stessa collina e ha fotografato, con qualche grado di differenza, la valle di Kabul che guarda verso il passo di Salang. Vi si nota una città cresciuta dai 500mila abitanti dell'epoca presovietica ai 4 milioni attuali. E dell'Armata rossa che Cagnoni fotografò, resta adesso un carro armato arrugginito che guarda immobile la città. Se qualcosa non cambia rapidamente in Afghanistan, se non arriverà al più presto una svolta a 360 gradi che pare ormai impossibile, tra trent'anni potremmo vedere uno scatto molto simile. Forse una città più grande. Forse una jeep americana arrugginita, che guarda immobile verso il Salang Pass.

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