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venerdì 22 gennaio 2010
LO SCHIAFFO DI ISLAMABAD
Quella che il segretario di stato americano Robert Gates ha cominciato ieri a Islamabad è la sua prima visita ufficiale in Pakistan da che Obama è presidente. Ma non è una passeggiata. Militari e governo gli hanno preparato una doccia fredda respingendo al mittente, prima ancora dell'incontro col primo ministro Gilani, le richieste di un maggior impegno contro i militanti talebani.
La richiesta Gates l'aveva resa esplicita senza mezzi termini domandando un impegno a tutto campo perché Washington vuole che tutti i gruppi estremisti che operano nella zona di confine tra Pakistan ed Afghanistan vengano combattuti e sgominati. Se Islamabad non volesse farlo ciò significherebbe, per Gates, ignorare “una parte del tumore” che minaccia la stabilità stessa del Pakistan. Ma nel paese il messaggio da cui il capo della Difesa americana si è fatto precedere e che, per la verità è un tasto dolente dell'attuale rapporto tra il Pakistan e gli Stati uniti, non è piaciuto per niente.
L'offensiva l'ha aperta il responsabile dell'informazione militare Athar Abbas, sia parlando con i giornalisti al seguito di Gates, sia concedendo un'intervista alla Bbc nella quale ha detto che l'esercito pachistano è oberato di lavoro e che non ha nessuna intenzione di sobbarcarsi nuove offensive nel Waziristan del Sud. Figurarsi inseguire i talebani afgani, che usufruiscono dei “santuari” in Pakistan, fin dentro il confine afgano. A fargli eco c'erano per altro le parole che il primo ministro Yusuf Raza Gilani - ieri in serata era in agenda una cena con Gates – ha rivolto al senato pachistano spiegando che, per il suo governo, non sarà una soluzione militare a chiudere la partita col radicalismo islamico che, com'è noto, è ormai uscito dalle frontiere della regione tribale (al confine con l'Afghanistan e dove si trova il Waziristan) e della valle di Swat. Aree dove l'esercito pachistano ha impegnato nel 2009 circa 30mila soldati in due massicce operazioni anti talebani. Gilani ha spiegato che il fucile può servire al 10% ma che il 90% di un successo si gioca sul piano politico e delle riforme sociali per lo sviluppo di quelle zone. Ha snocciolato le cifre messe a disposizione dal governo senza dimenticare di sottolineare il “successo” di aver riportato a casa in pochissimo tempo (anche grazie alla “comunità internazionale”) due milioni e mezzo di sfollati.
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Nelle immagini: Gates (Afp) e Abbas (Dawn)
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