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martedì 26 gennaio 2010

PORTE APERTE A MULLAH OMAR

Il primo è stato il segretario della Difesa Robert Gates che, dopo aver chiamato i talebani un “cancro”, ha riconosciuto però che “sono a questo punto una parte del paesaggio politico afgano” e che la “riconciliazione” è ormai un tassello del conflitto”. Poi, un paio di giorni fa, è stato il turno di Karzai, che ha proposto un piano di “soldi e lavoro” per i talebani che accettano di uscire dalla guerriglia. Ma ieri è stata la volta del capo dei capi militari, il generale dei generali, comandante delle forze Isaf/Nato e del contingente americano in Afghanistan, il cinque stelle Stanley McChrystal.

McChrystal, l'artefice del nuovo piano militare che ora porta la firma di Barack Obama e che prevede l'arrivo di 30mila marine e 7mila soldati dai paesi alleati, ha riconosciuto ieri che gli afgani hanno “combattuto abbastanza” e che una soluzione politica al conflitto, dunque un negoziato col nemico, è “inevitabile”.

La fonte è una lunghissima intervista (disponibile per intero sul sito del quotidiano) rilasciata al Financial Times e immediatamente ripresa da altri organi di stampa, assai più che le dichiarazioni di Gates o il piano di Karzai, che il presidente presenterà ufficialmente alla Conferenza di Londra in agenda giovedi, e che prevede la costituzione di un Trust-Fund miliardario: un fondo fiduciario che gli consenta, per dirla in soldoni, di “comprare” i talebani che combattono più per fame che per fede.

Anche McChrystal pensa che questa sia la direzione giusta: per il generale i talebani sono in difficoltà e privi di consenso e la strada corretta, oltre a migliorare la “sicurezza degli afgani” prestando maggior attenzione al capitolo “vittime civili”, è quella di creare una via d'uscita anche per i guerriglieri, ossia il negoziato. Anche se – ha messo in guardia – il 2010 sarà durissimo perché la reazione talebana alle aperture produrra lacrime e sangue in un tentativo estremo di piegare Nato e governo afgano.

L'uscita di McChrystal coincide anche con le parole usate da Kai Eide, il dimissionario capo della missione Onu a Kabul, da tempo fautore di un piano di riconciliazione nazionale: il diplomatico norvegese ha chiesto che gli americani tolgano alcuni nomi dei ricercati per terrorismo nella loro lista nera afgana. Una richiesta fatta ufficialmente propria anche da Karzai, che ieri, dal vertice sulla sicurezza regionale che si tiene a Istanbul, ha chiesto di togliere i “nomi di talebani” dalla lista degli afgani colpiti da sanzioni Onu per presunti legami con Al Qaida.

Come sia esattamente il piano che la comunità internazionale ha in mente si capirà forse a Londra. Lo stesso McChrystal non sembra escludere un governo con i talebani, un'ipotesi che costituirebbe la più feroce marcia indietro americana dal 2001. Quando il Ft gli ha chiesto se pensava a un possibile ruolo talebano nel futuro politico dell'Afghanistan, McChrystal non ha, come si dice, né confermato né smentito: “Penso – ha detto- che ogni afgano possa giocare un ruolo se si guarda al futuro e non al passato”.

Anche un'altra novità arriva dal summit in Turchia ospitato dal presidente Gul che vede di nuovo insieme Hamid Karzai e l'omologo pachistano Zardari e in cui sono in agenda incontri col vicepresidente dell'Iran, il ministro degli esteri cinese, col capo della diplomazia britannica Milliband, l'inviato speciale americano Holbrooke e il vice primo ministro russo. La novità viene da un'indiscrezione raccolta da Al Jazeera secondo cui sarebbe in corso una mediazione turca proprio con i talebani. I turchi infatti, digeribili a Ovest perché partner della Nato in Afghanistan con 1700 soldati (e la promessa di altri mille), sono meno indigesti alla guerriglia per due motivi: possono vantarsi di non aver mai ucciso nessuno nel paese - né un civile, né un combattente – e sono musulmani.

Praticamente sepolta o comatosa la prima mediazione apparsa un paio di anni fa e che era guidata dalla Mecca, quella turca resta per ora solo un'indiscrezione. Ma può darsi che tra ciò che uscirà da Londra e da Istanbul, qualche segnale arrivi anche a Kabul o meglio a Quetta dove avrebbe sede il Gran consiglio talebano che fa capo a mullah Omar.

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