Ahmadinejad a Kabul. A parte le sparate di rito, la visita del dittatore di Teheran resta un fatto rilevante sotto due profili: quello di un asse possibile tra l'Iran, il Pakistan e l'Afghanistan, già testato alla vigilia della conferenza di Londra del mese scorso, e quello del tentativo di Karzai di ritagliarsi un profilo che lo faccia assomigliare sempre meno a un burattino di Washington. Migliore la relazione tra la capitale afgana e Islamabad dove Karzai è volato dopo l'incontro col capo di stato iraniano
Dopo il Great Game il Double Game. Dal “grande gioco”, al “doppio gioco”. E' l'espressione che ieri hanno usato sia il responsabile della Difesa americano Bill Gates, in visita a una base americana in Afghanistan, sia il presidente iraniano Ahmadinejad in visita di stato a Kabul. Accompagnato da un Karzai che ha tenuto un basso profilo, limitandosi a ricordare con formula rituale l'amicizia tra i due paesi, il capo dello stato iraniano ha accusato gli americani di fare il “doppio gioco” in Afghanistan e di combattere il terrorismo dopo averlo stessi creato. Scontato l'attacco alle forze d'occupazione della Nato e altrettanto scontato lo scambio di battute a distanza: Gates ha accusato gli iraniani di giocare su due tavoli, stringendo la mano destra al presidente afgano ma passando con la sinistra armi ai talebani con un appoggio sotto traccia.
Ma dietro le frasi di rito da entrambe le parti, la visita del dittatore di Teheran a Kabul resta un fatto rilevante sotto due profili: quello di un asse possibile tra l'Iran, il Pakistan e l'Afghanistan, già testato alla vigilia della conferenza di Londra del mese scorso, e quello del tentativo di Karzai di ritagliarsi un profilo che lo faccia assomigliare sempre meno a un burattino di Washington, preoccupazione che riguarda lo scenario interno ma anche la statura regionale dell'Afghanistan.
Karzai ha dimostrato ieri di saper reggere senza drammi la presenza nella sua capitale di due figure di rilievo che si guardano in cagnesco e le cui relazioni sono al lumicino. Anche se ha evitato, nella conferenza stampa, di parlare troppo, la visita ha di per se un significato importante poiché gli afgani, oltre a ospitare un'importante minoranza sciita, confinano con l'Iran per migliaia di chilometri a Ovest e Sud. Non di meno afgani, pachistani e iraniani giocano gli uni con gli altri una carta importante: per Teheran l'Afghanistan è pur sempre un paese con cui ha forti relazioni commerciali, moltissimi afgani vivono e lavorano in Iran mentre l'Afghanistan costituisce, come gli americani sanno bene, il possibile scenario dove scatenare una rappresaglia in caso di attacco al suolo iraniano. Per i pachistani i rapporti con l'Iran sono importanti sia come partner energetico, sia nella politica di bilanciamento del potere dell'India con cui Teheran ha comunque buone relazioni. E Kabul si torva in mezzo e dunque può svolgere un ruolo in grado di aumentare il suo prestigio.
E' anche in questo quadro che si svolge la visita di una delegazione di alto profilo guidata da Karzai e arrivata a Islamabad ieri sera per due giorni di colloqui ad alto livello. I punti dell'agenda sono probabilmente soprattutto due: la collaborazione sul fronte della lotta contro gli islamisti, problema grosso anche in Pakistan, e il rapporto con l'India.
Alla vigilia dell'incontro afpachistano, il portavoce del ministero degli esteri di Islamabad, Abdul Basit, ha detto che il Pakistan offrirà la sua collaborazione nel training all'esercito afgano proprio per evitare l' “ingerenza” di Delhi negli affari interni afgani. L'India, ha detto testualmente, sfrutta la terra afgana per “mettere in pratica i suoi nefasti disegni” anti Pakistan. Ragione in più per stringere buone relazioni con un paese che non ha risparmiato in passato pesanti critiche a Islamabad, rea di ospitare i santuari talebani da cui, tra l'altro, sarebbero partiti anche gli attentatori che cercarono di uccidere Karzai durante una manifestazione pubblica. Ma adesso l'aria è cambiata. E' addirittura “affabile” come la definisce il quotidiano pachistano The Dawn, che spiega come il viaggio di Karzai sia stato preparato dall'intenso lavorio di Farooq Wardak, ottime relazioni col Pakistan dove si è formato e capo della Commissione afgana per la riconciliazione e la reintegrazione”: l'uomo che sta preparando per fine aprile una “jirga (tradizionale assemblea tribale) di pace” per la quale Kabul chiede la collaborazione pachistana. Altro segnale incoraggiante è che Karzai ha smesso di insistere sull'estradizione dei capi talebani arrestati da Islamabad, primo tra tutti mullah Baradar.
Che i due paesi possano collaborare senza ombre, senza destare sospetti a Delhi o senza che in qualche modo siano in corso “doppi giochi” (locuzione che va per la maggiore) è forse solo una bella speranza ma qualcosa è cambiato tra Kabul e il paese confinante che ospita ancora 1,7 milioni di afgani. E che ha appena riconfermato al suo posto per un altro anno il potentissimo capo dell'Isi, l'intelligence guidata dal generale Ahmad Shuja Pasha, uomo di cui il presidente Zardari e il premier Gilani continuano a fidarsi.
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