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domenica 16 maggio 2010

AL VIA LA PERUGIA-ASSISI

Parte stamattina da Perugia la 18ma edizione della marcia per la pace Perugia Assisi, storica camminata di 24 chilometri che si tenne per la prima volta il 24 settembre 1961.

Le polemiche non sono mancate, come sempre, quando il popolo della pace si mette in marcia: qualche distinguo e anche mancate adesioni, qualcuno che nemmeno ci verrà. E non per il rischio pioggia. Flavio Lotti, il coordinatore della Tavola della pace che ogni due anni organizza la marcia, butta acqua sul fuoco e snocciola i numeri: 1130 adesioni, 635 città, 135 enti locali, 130 associazioni e reti nazionali, 518 associazioni locali, 125 scuole, 5mila studenti e decine di migliaia di cittadini attesi per oggi. E rilancia proprio su un punto polemico, la mancata presenza di Emergency: “Lanciamo un appello per l'apertura dell'ospedale di Emergency a Lashkargah. Deve riaprire i battenti e restituire agli afgani il diritto a utilizzarne i preziosi servizi resi disponibile dal grande lavoro della Ong italiana. L'ospedale, dice, non è solo un problema di Emergency: riguarda tutti. Noi e gli afgani, vittime da trent'anni di una guerra che solo l'anno scorso ha ucciso 2500 civili”. E si però, Emergency non viene. Lotti glissa: “Abbiamo bisogno di camminare assieme e di continuare a camminare. Ecco perché la Marcia questa volta non finirà ad Assisi”.

L'anno prossimo, nei cinquant'anni della marcia ideata da Aldo Capitini, si tornerà a marciare. Anche per superare divisioni e distinguo in quella che non è una passeggiata, dicono gli organizzatori, ma un “laboratorio di riflessione politica” che, ad ogni marcia “costruisce un'agenda che suggerisca alla politica, se non le soluzioni, il metodo per affrontare le crisi che attraversano l'Italia e il mondo”.

Italia e mondo, politica e guerra. Sono questi i temi affrontati nella due giorni, conclusasi ieri, di preparazione della marcia: seminari, laboratori in uno dei quali i politici si sono affacciati. Pochi, per la verità. Sembra che dalla segreteria di Nicola Zingaretti (Provincia di Roma) abbiano prima chiesto “chi c'era”. Zingaretti poi non è arrivato, forse domani. Sono venuti invece Rosy Bindi, Nichi Vendola, Savino Pezzotta, Leonluca Orlando. Ma a chi ha assistito, l'incontro di venerdi sera non ha detto granché. Via via molti hanno abbandonato la sala. Delusi? Annoiati? Vendola si prende gli applausi maggiori ma non la standing ovation ricevuta al Congresso della Cgil. La Bindy viene contestata da fondo sala quando chiede ai presenti di votare Pd: come la mettiamo, chiedono, se quando eravate al governo non avete nemmeno affrontato il conflitto d'interessi? Anche a Perugia la politica non ce la fa, segno di una crisi della distanza che non si riesce a colmare.

La politica è drammaticamente assente anche sulle responsabilità che riguardano guerre, conflitti, e vittime civili di cui una folta rappresentanza aprirà domani la marcia. “Le vittime in testa”: alla testa del corteo e nella testa di chi marcia. E ci sarà anche un'enorme ruspa ad aprire le danze. Con un cartello arrampicato in cima: “I diritti umani non si sgomberano”.

Dalla due giorni intanto emergono analisi, indicazioni, riflessioni: come l'appello alla “sanità mentale” per israeliani e palestinesi, fatto da Avraham Burg, ex presidente della Knesset: “La maggior parte della gente non vuole la guerra, è a favore della pace e del dialogo, ma le minoranze hanno conquistato i cuori. Israele è ormai ostaggio dei coloni, la Palestina è stata sequestrata da Hamas. Le due società stanno vivendo la sindrome di Stoccolma e si sono innamorate del proprio sequestratore”. La delegazione afgana mette il dito nella piaga sulla totale mancanza di sintonia tra americani e governo Karzai che pure sarebbero alleati: gli uni preparano una grande offensiva, gli altri parlano di negoziato. Dettano invece la loro agenda a cominciare proprio dalla Loya Jirga, assemblea tribale di pace, organizzata a Kabul per fine maggio: “Ci deve partecipare, dice Najila Ayubi, anche la società civile, soprattutto le donne”. E rivendica anche per gli afgani una Perugia Assisi: “Da Kabul a un'altra città”.

Desiderio, chissà, per dire che nel mondo tutti la invocano quella parola multicolore. Che si pronuncia in modo diverso ma si declina in un'unica maniera.

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