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martedì 18 maggio 2010

LE SOLUZIONI DAL BASSO

Perugia - Ad aver voglia di ascoltarli gli afgani, molte delle soluzioni alla guerra ci sarebbero già. Ci sarebbe già un percorso possibile in quelle lontane lande dove certe idee sono già ben prefigurate. E sono altro da quel che dice Hillary Clinton, il generale McChrystal o l'italico Palazzo dove il mantra è sempre quello: si deve restare anche se a far cosa non si sa.
Prendete le donne di Afghan Women's Network, il maggior ombrello di organizzazioni femminili del Paese: rispetto al Piano per la sicurezza nazionale, è necessario che questo funzioni in linea con le risoluzione dell'Onu e, dicono, col Piano nazionale che riguarda i temi di genere. E ancora, rispetto al Programma nazionale di pace e riconciliazione, dice ancora un documento ufficiale di Awn, bisogna essere certi che ne siano parte piena le donne: che i fondi a disposizione costituiscano un incentivo per favorire i loro diritti e la loro autonomia nel lavoro e nella società. Questa, che dovrebbe essere musica per le nostre orecchie occidentali, è però una voce molto flebile, sottoposta agli urti di una guerra che, dopo le dichiarazioni di principio, ha altro per la testa.

Najila Ayubi, che il coordinamento delle donne afgane ha inviato alla Perugia Assisi su invito della Tavola della pace e del network di “Afgana”, si spiega meglio: “C'è un'assoluta mancanza di sintonia tra quello che sta facendo il governo afgano e chi prepara l'imminente lancio di un'offensiva al Sud.” Come si fa, dice, a parlare di pace e impugnare le armi? Di più, le donne afgane hanno chiesto al governo di essere presenti al processo di pace che inizia formalmente a fine maggio a Kabul. Ma anche Najila sa che questa richiesta, se non viene appoggiata, rischia di cadere come tutte quelle che provengono dalla società civile. Che ha le idee molto chiare...

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