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martedì 23 novembre 2010

L'UOMO CHE NON DAVA BAKSHISH

Sulla Massud Road, a pochi metri dall'ufficio di Mark Sedwill, il diplomatico britannico che Londra ha voluto per sostituire l'italiano Fernando Gentilini come rappresentante civile della Nato a Kabul, c'era un ristorantino senza troppe pretese dove si mangiava, per poco meno di quattro dollari, un discreto kabuli palau, il piatto tradizionale afgano con uvette e carote.

Nel raggio
di un chilometro era l'unica occasione per gli afgani che lavorano negli uffici della Nato, nelle ambasciate vicine (l'americana e l'italiana tra le altre) o in qualche ufficio di cooperazione occidentale, per mangiarsi un piatto locale senza spendere una fortuna. Ma è stato chiuso. E forse prima che Sedwill assumesse l'incarico. Se n'è così andata l'ultima occasione per l'ex ambasciatore britannico a Kabul di vedere da vicino l'Afghanistan reale, lasciandogli, come alla maggior parte dei funzionari stranieri, la sola consolazione di dossier, sondaggi e rapporti tutti maledettamente di carta.- al massimo con qualche foto - per poter farsi un'idea del Paese in cui vivono da reclusi.

Non si spiega
altrimenti la gaffe in cui un diplomatico di lungo corso come Sedwill è clamorosamente incorso con un'incauta intervista nella quel ha dipinto Kabul come una sorta di città degli angeli, dove un bambino, assai meglio che a Londra, Glasgow o New York, può vivere – a detta sua – correndo meno rischi. Gli sarebbero bastati quattro passi nel ristorantino del kabuli palau per rendersi conto che persino lì, nella Green Zone, nella città proibita dove vive l'élite occidentale, vaga un numero indefinito di cenciosi ragazzini col naso perennemente smoccolento, la cui unica conoscenza dell'inglese - give me one dollar - si coniuga a un refrain assai noto in tutta l'Asia: “Bakshish, mister”. Fammi la carità sahib.

Le reazioni indignate di organizzazioni umanitarie come Save the children o dello stesso Consiglio municipale di Glasgow arrivate subito dopo le improvvide dichiarazioni di Sedwill, hanno provveduto a ricordargli che in Afghanistan i bambini muoiono ogni giorno sotto le bombe e che circa 850 sono vittime quotidiane di diarrea o malattie respiratorie, effetto, seppur indiretto, di trent'anni di guerra. Una rapida scorsa alla rassegna stampa avrebbe forse fatto meditare Sedwill su un articolo di Outlook, giornale afgano in lingua inglese, che riportava una stima di circa 4mila bambini di strada nella sola Kabul. Ma senza scomodare la stampa o l'Unicef, sarebbe stata sufficiente una passeggiata al parco di Sharenaw, nel cuore della città: tra lustrascarpe, venditori di gomma da masticare o semplici questuanti, il loro numero è abbastanza impressionante. Cenciosi, sporchi e di tutte le età, anche piccolissimi, si appendono alla portiera della vostra macchina col rischio che li tiriate sotto solo per chiedervi qualche afganis in cambio di una ventata di profumo alle erbe che sventolano in artigianali barattoli di latta nei quali brucia una sorta di essenza dai bizzarri effetti salutari. O vi inseguono per chilometri toccandovi il braccio e ripetendo la tradizionale litania: “Bakshish, mister”. Carità sahib.

Se quella di Sedwill è un'improvvida gaffe forse dettata dalle migliori intenzioni, la verità è che la comunità internazionale vive blindata negli appartamenti corazzati che formano la fortezza Bastiani di Kabul, in un'area del centro sigillata e impenetrabile dove si trovano ambasciate e uffici Isaf, case di diplomatici e residenze di algidi funzionari dalla pelle bianca. La distanza dal mondo reale, resa ancora più estesa dalle rigidissime norme di sicurezza, fa il resto: macchina blindate, vetri oscurati...Unico strappo: una corsa al supermercato verso le 17, ora di chiusura degli uffici.

Ma probabilmente
Sedwill, la spesa al supermercato non la fa. O la fa negli spacci Isaf all'interno del quartier generale della Nato che il generale Petraeus, comandante in capo del contingente militare multinazionale, lascia e raggiunge soltanto in elicottero, con buona pace dei suoi vicini che, ad ogni uscita del capo, devono calcarsi in testa il berretto e fare i conti col rumore delle pale e col vortice di polvere che l'Apache solleva da terra. Con gli elicotteri comunque difficilmente si va al supermercato, luogo estremamente esclusivo ma pur sempre reale. Tanto che, fuori da uno dei più riforniti, nella piazzetta di Wazir Akbar Khan, a pochi metri dalla “Zona verde”, non manca il solito stuolo di bambini sorridenti: “Bakshish mister”. Fammi la carità, sahib.

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