La mia personalissima e umile opinione sulla morte del soldato Luca Sanna differisce in modo sostanziale da quella ammanitaci dal ministro La Russa che, a volte, mi pare prenda noi cittadini per fessi. Io sono convinto che il povero Sanna fu ucciso da fuoco amico: da un contadino afgano impacciato che, non sapendo maneggiare il fucile, ha sparato per errore.
La ricostruzione sulla morte dell'alpino sardo e sul ferimento del caporale Luca Barisonzi fornita ieri alla Camera dal titolare della Difesa è all'opposto e non è stata molto diversa da quella data martedì in conferenza stampa. Con qualche precisazione: l'uomo che ha sparato fingendosi un alleato “era un infiltrato nell'esercito” ed era quindi uno degli otto che prestavano servizio nell'avamposto Highlander assieme ai dieci militari italiani. Non è chiaro che divisa avesse indosso.
Si dirà: come fai a negare le parole del ministro, caro Giordana, che prove hai? Rispondo con una domanda. Il ministro che prove ha che fosse un infiltrato? Ha arrestato l'uomo? Ha trovato i sodali? Ha avuto una soffiata? No, La Russa fa un'ipotesi. Che a mio avviso non sta in piedi e dunque faccio la mia, articolata sul buon senso e su quel poco che so, non di Bala Murghab, ma dell'Afghanistan e della condizione umana.
Stando al ministro, i talebani avrebbero architettato l'azione. Accipiacchia! I talebani sono diventati come la Cia, raffinati come un servizio segreto ai più alti livelli. Basta con i rozzi Ied lungo le strade, ora c'è una nuova raffinata minaccia. Fanno passare la selezione e così fare un corso di tre mesi a uno dei loro, lo fanno arrivare sino al Murghab e li mettere in atto il colpaccio. E l'infiltrato che fa? Si fa portare al comando di Camp Arena e uccide il comandante italiano di Herat? Fa saltare la santa barbara? Prende informazioni decisive per uccidere un intero plotone? No, prende e spara a un povero soldato col grado di caporalmaggiore, ossia uno dei gradi più bassi dell'esercito. Un soldato, eliminato il quale, il danno vien subito risistemato. Azione ad alto impatto psicologico ma di nessun effetto sul piano militare. Ma andiamo...ci prendono proprio per scemi?
La verità mi pare un'altra: è che la Nato non vuole ammettere che non ha nemmeno saputo addestrare il suo nuovo esercito fatto da 300mila contadini che non hanno mai visto un fucile in vita loro, che sono perlopiù analfabeti e che fanno la guerra perché è l'unico lavoro disponibile e forse si rischia meno con l'esercito che coi talebani. Basta col mito dell'afgano guerriero che ha sempre il fucile in spalla. Ma sapete quanto costa - non dico un fucile - ma un proiettile? Sapete quanto guadagna un contadino? Sapete che quel popolo di oltre trenta milioni di persone è pacifico come tutti i popoli del mondo escluso un manipolo di combattenti (10-20mila talebani, 300mila tra soldatie poliziotti)?
Solo buon senso.
Non dico che i talebani non abbiano pensato a infiltrare (se non ci hanno mai pensato adesso La Russa ha dato loro un'idea), è anzi già successo con quel giordano che si è fatto saltare in un covo della Cia o, più rozzamente, con kamikaze travestiti da poliziotti. Ma per mettere in atto un'operazione di intelligence tanto raffinata (tre mesi di training) ci vuole una strategia da 007 che non mi sembra proprio abbia a che fare con le tecniche spicce degli uomini in turbante. O, come al solito, c'è l'ombra dell'Isi pachistano? A Washington troverebbero l'idea molto seducente.
Potrò sbagliarmi, certo, anzi sicuramente. Ma mi tengo questa idea fin che non avrò prove: l'arresto e la confessione (non a Guantanamo o a Bagram) dell'"infiltrato, o qualche altro elemento che non quello fornitomi da un ministro che, non più tardi di due settimane fa, sul caso Miotto ci aveva detto che aveva saputo dai suoi delle... "mezze verità". Sarà lecito dubitare della sua ipotesi? Si. Pertanto mi tengo la mia e abbraccio la famiglia di quel povero Luca Sanna, anche lei destinata a conoscere dal ministro della Repubblica l'ennesima mezza verità.
Devo aggiungere che la Nato oggi pomeriggio (il mio post era stato scritto stamattina) ha confermato un incidente in cui un soldato afgano ha ucciso un militare Nato e ne ha ferito un'altro. Non si dice la nazionalità ma è abbastanza chiaro, come sottolinea la Bbc, che ci si riferisce a quell'episodio. La Nato ci ha messo due giorni a dare la notizia (che non le fa piacere) ma sembra contraddire le certezze di La Russa...
(segnalo ai miei lettori il commento che trovate a piè di pagina e che contesta, con diversi elementi, la mia ricostruzione dei fatti. Merita, credo, di essere letto e tenuto in conto)
2 commenti:
la trovo molto più convincente! cosa poteva dire la Russa per continuare a giustificare una guerra che in realtà è incostituzionale!?!?!
federica
Caro Emanuele,
come sa, leggo sempre il suo blog e ascolto spesso e volentieri Radio 3 Mondo. Questa volta, però, aver letto il suo post mi ha lasciato il desiderio di commentare, in questo caso criticando, quello che ha scritto. Ci provo, pur non avendo (fortuna o sfortuna) nessuna esperienza diretta del conflitto in Afghanistan.
Una cosa sui fatti e un'altra sulla "condizione umana".
Prima cosa: se si guarda la ricostruzione dei fatti fornita dai nostri Alpini al Ministro La Russa (che questa volta, sì, ci ha pensato bene prima di incorrere in un bisticcio con le FFAA e il nuovo Capo di SM Biagio Abrate) si può ragionevolmente accettare la versione dell'infiltrato, almeno questa volta. Ovviamente, c'è la premessa che bisgna accettare la veridicità di tale ricostruzione, cosa su cui non mi sento di dubitare.
Dunque, di tutta la vicenda, in sintesi: 3 alpini all'interno del perimetro della base stavano pulendo le proprie armi utilizzando il compressore del Lince mentre non montavano il turno di guardia. Un soldato dell'ANA (in servizio da quasi 4 mesi e, quindi, bene a conoscenza delle regole che vigono all'interno di una base) si avvicina con il fucile con il caricatore inserito (!) e chiede d poter utilizzare il compressore per pulire anche lui la propria arma. Altri due soldati dell'ANA, nel frattempo, fanno gesti e urlano al proprio compagno per avvisarlo di togliere il caricatore.
Il soldato afgano, invece di fermarsi e di cercare di capire perchè la situazione sta diventando tesa, mette mano al proprio caricatore, si avvicinato e fa fuoco. Uccide un alpino e ne ferisce in modo gravissimo un altro.
Nella confusione generale, fugge, approfittando sia della conoscenza del luogo che del fatto che indossa una divisa dell'ANA (non gli avrebbero sparato contro da lontano).
Questi i fatti.
Sulla condizione umana, ora: credo che Gullab Ali Noor avrebbe dovuto rispettare le regole che vietano di tenere un'arma carica; nel caso se ne fosse dimenticato, avrebbe dovuto, prudentemente, ascoltare i suoi compagni o quantomeno fermarsi nel momento in cui gli veniva così intimato (o comunque la situazione stava divenendo non-sicura); infine, non sarebbe scappato dopo l'"incidente".
Questo a maggior ragione se sente di aver ucciso, per sbaglio, una persona (forse due, speriamo fortemente di no) che era stato un suo collega fino ad un attimo prima.
Ok essere contro lo stereotipo dell'uomo afgano col fucile, ma dall'altra parte bisogna evitare di immaginare troppe volte il contrario..
Per il resto, continuo a seguirla volentieri e per questo le rivolgo un saluto cordiale
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