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martedì 20 dicembre 2011

137 MILIONI IN GRAN SEGRETO

Sapevate che l'Italia ha prestato a Kabul 137 milioni di euro per sistemare l'aeroporto di Herat? Non son proprio noccioline di questi tempi, ma la notizia è passata solo in qualche scarna nota di agenzia. Il ministero delle attività produttive, che ha condotto la trattativa, non ne ha fatto parola chissà se per via della polemica scoppiata quando si era saputo che il ministro Corrado Passera si era tenuto come aiutante, anzi rappresentante personale per Iraq e Afghanistan, il suo predecessore: il forzista Paolo Romani.

La nomina era stata difesa da Passera per le passate virtù irachene e afgane di Romani. Anche se, incalzato dalle polemiche, quello per Paolo era sembrato un incarico a tempo. Per fortuna ci han pensato gli afgani con un comunicato dell'ufficio di Karzai. Quel che sappiamo è poco: che Romani ha presentato un master plan per la ricostruzione dell'aeroporto di Herat messo a punto da tecnici italiani e che per il progetto abbiamo prestato a Kabul 137 milioni (un credito d'aiuto probabilmente ma gli afgani non dicono di più) per il polo aeroportuale e la costruzione di un raccordo stradale di 28 chilometri. Quali sono i termini del prestito? Quali aziende italiane ci lavoreranno? Cosa c'era di tanto fondamentale nel lavoro di Romani che non potesse essere fatto da Passera stesso o da qualcuno meno compromesso con la vecchia guardia?

Chissà se almeno
sul sito del ministero, dove la parola "Afghanistan" produce come ultima notizia una roboante intervista di Romani a "Il Giornale", ci daranno la risposta. Far lavorare le nostre aziende in Afghanistan va bene. Ma perché tanto segreto? La tracciabilità non è la parola d'ordine del governo Monti?

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