
La nomina era stata difesa da Passera per le passate virtù irachene e afgane di Romani. Anche se, incalzato dalle polemiche, quello per Paolo era sembrato un incarico a tempo. Per fortuna ci han pensato gli afgani con un comunicato dell'ufficio di Karzai. Quel che sappiamo è poco: che Romani ha presentato un master plan per la ricostruzione dell'aeroporto di Herat messo a punto da tecnici italiani e che per il progetto abbiamo prestato a Kabul 137 milioni (un credito d'aiuto probabilmente ma gli afgani non dicono di più) per il polo aeroportuale e la costruzione di un raccordo stradale di 28 chilometri. Quali sono i termini del prestito? Quali aziende italiane ci lavoreranno? Cosa c'era di tanto fondamentale nel lavoro di Romani che non potesse essere fatto da Passera stesso o da qualcuno meno compromesso con la vecchia guardia?
Chissà se almeno sul sito del ministero, dove la parola "Afghanistan" produce come ultima notizia una roboante intervista di Romani a "Il Giornale", ci daranno la risposta. Far lavorare le nostre aziende in Afghanistan va bene. Ma perché tanto segreto? La tracciabilità non è la parola d'ordine del governo Monti?
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