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mercoledì 18 aprile 2012

INTERVISTA

Fabrizio Foschini, ricercatore di Afghanistan Analysts Network (Aan), è uno dei tanti riferimenti obbligati quando si arriva a Kabul. In Afghanistan in modo stanziale ormai da oltre due anni, lavora in quello che è considerato forse il più accreditato centro di ricerca su tematiche politiche del Paese, un think tank diretto dal tedesco Thomas Ruttig che impiega nazionali e internazionali che hanno ormai una fittissima rete di contatti e che sono sufficientemente smaliziati per andar oltre una lettura ordinaria dei fatti. In un Paese dove la propaganda regna sovrana e il depistaggio è un'arma politica consolidata.

Cominciamo dagli attentati. Ormai tutti danno la colpa alla Rete Haqqani, il gruppo radicale più vicino ai servizi pachistani. Quindi danno, in un certo senso, la colpa a Islamabad...

E' una reazione tipica puntare il dito sugli Haqqani, perché il loro ruolo in azioni simili è stato già provato in passato e il modus operandi dell'ultima azione lascia pensare a una continuità. A livello politico invece, chiamare in causa gli Haqqani, come hanno fatto in questi giorni sia gli americani sia gli afgani, suggerisce un possibile mandante oltre confine il che funziona bene con gli afgani, che condannano unanimemente l'ingerenza pachistana, e serve a rassicurare le opinioni pubbliche occidentali sulla possibilità di un negoziato con la leadership storica, quella di Quetta...continua su Lettera22

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