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sabato 16 giugno 2012

LA SAPIDA "SAPIDA"

Sàpida, in italiano, significa “salata” ma se volete, per traslato, si potrebbe anche pensare a “vivace”, pur se in quel caso preferiamo l'aggettivo “peperina”. Sapìda invece, tradotto dal dari, significa “alba” è il nome di una nuova rivista. Anzi no, è la riedizione di una vecchia rivista ed è l'unica che offra uno strumento culturale. Una rivista culturale, in Afghanistan, è davvero un notizia. Una buona notizia.

Le origini di Sapida risalgono al 1998 quando fu lanciata a Peshawar da un gruppo di intellettuali afgani in esilio (i russi se n'erano andati da 10 anni, e mujaheddin e talebani si dividevano le spoglie della Repubblica democratica di Najibullah) che non potevano fare rientro a casa, dove mullah Omar stava ormai vincendo la battaglia contro i signori della guerra, facilitato dall'odio che i mujaheddin si erano attirati presso la popolazione civile. Edita dall'Erfan Cultural Center diretto da Shahir Ahmad Zahine, Sapida divenne soprattutto la rivista dell'esilio pur se il foglio iniziò a girare anche in Afghanistan. Nel 2001 smise le pubblicazioni salvo due numeri usciti nel 2003 e nel 2004. Fine.

Adesso, dopo che Zahine ha fondato nel 2002 il gruppo editoriale The Killid Group (due magazine nazionali e diverse radio sparse per il Paese), Sapida torna in distribuzione, una scommessa sostenuta dal Goethe Institut. Per adesso sono solo 1000 copie, ma il gruppo è solido e dunque il futuro abbastanza garantito. Anche se la libertà d'espressione (non solo in Afghanistan) è sotto costante minaccia e si sta lavorando a una riforma peggiorativa dell'attuale legge sulla stampa

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