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sabato 20 ottobre 2012

DELUSIONI E SOLUZIONI AL SALONE DELL'EDITORIA SOCIALE

Son rimasto un po' deluso, se è lecito criticare i mostri sacri, dal dibattito cui ho assistito ieri sera al Salone dell'editoria sociale, che resta un degli appuntamenti più interessanti di questo caldo autunno romano. In scena andavano Robert Fisk, corrispondente dell'Independent da Beirut, penna caustica e brillante in un reporter coraggioso e che non le manda a dire, e Tariq Ali, intellettuale pachistano che ha scritto saggi interessanti e persino sceneggiature e romanzi: un volto da nobile punjabi e una esposizione chiara e convincente.

Il fatto è che io, come credo la maggior parte degli astanti (Fisk lo sapeva poiché continuava a rivolgersi al “pubblico di sinistra” della sala) già sappiamo che gli americani e gli israeliani sono cattivi. Che i primi dominano il mondo e amano far la guerra e pilotare gli avvenimenti e che i secondi stanno facendo patire ai palestinesi le pene di un inferno senza fine (altrettanto ovvio che parliamo dei loro governi). Nel mondo di oggi, ricordarmi queste cose non mi dice molto. Conosco il problema e ho bisogno di soluzioni, di analisi, di proposte. Proposte ne ho sentite poche, soluzioni anche, a parte quel che Fisk, e mi è parsa l'unica cosa davvero importante che ha detto, ha ripetuto più volte: che “i palestinesi non avranno mai uno Stato”. Anche questo (che in un certo senso è una ...soluzione) lo sappiamo tutti ma è vero che nessuno lo dice mai a chiare lettere.

Tra i due, assai professionalmente moderati da Giuliano Battiston, ho invece apprezzato di Tariq Ali l'analisi sul voto giovanile che, in Europa e negli Usa, va verso lo zero. Nei Paesi arabi c'è voglia di votare, da noi no. La politica – ha aggiunto – è morta e forse dovremmo resuscitarla. Ecco, questo è un pensiero che mi è ha arricchito, mi stimola a pensare. Ma non ho ricevuto molte altre suggestioni dalla serata che, visti i calibri, mi è sembrata alla fine un po' deludente. Infine, ma ciò conta poco, non sono molto d'accordo sulla tesi del libro di Ali “Sindrome Obama”, uscito per Baldini e Castoldi. Tariq Ali ha ragion quando dice che Obama, con la sua idea di “guerra giusta”, ha fatto fare all'occupazione in Afghanistan, un'escalation e che ha sparato in Pakistan più droni che in otto anni di amministrazione Bush. Verissimo (specie la seconda parte ma anche perché in quegli 8 anni i droni sono stati perfezionati) ma è anche vero che quei 30mila soldati in più sono stati adesso ritirati e che nel 2014 la maggior parte delle truppe Usa se ne andrà dall'Afghanistan. Si può dire che tra Bush e Obama c'è un filo di continuità, ma non li si può equiparare. Uno scatenò la guerra, l'altro sta cercando di farla finire (per milli motivi incluso il budget). La politica estera americana è spesso molto uguale sia che governi un democratico sia che si tratti di un repubblicano, ma trovo che equiparare Obama a Bush sia, se non altro, un po' azzardato. Anche perché un presidente non si esaurisce nella politica estera.

Detto questo lasciatemi dire che sono stato fortunato. Per problemi di parcheggio sono arrivato al Testaccio (quartiere romano dove si tiene il Salone) mezz'ora prima. In tempo per sentire Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom. Accidenti, l'ho letto e visto qualche volta sul web (non ho il televisore) ma dal vivo mi ha davvero colpito. E non solo perché è un uomo dal carisma evidente e dalla travolgente passione politica condita da una grande capacità affabulatrice. Ma perché Landini, se dice dieci cose, tre son di critica o denuncia e sette sono proposte. Simpatico o no che possa essere, d'accordo o meno che siate con lui, quell'uomo analizza un quadro, ne critica sfondo e colore ma poi ti dice, non tanto come andrebbe modificato ( e qui sta la sua vera anima di negoziatore), ma come si potrebbe modificare: suggerisce idee, propone soluzioni, indica percorsi.

Grazie a Tariq Ali e a Robert Fisk ho scoperto Landini. Che mi permetto di consigliarvi.

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